Roma e Ostia, titolari disperati: «Un ristorante su due rischia di non riaprire»

Roma e Ostia, titolari disperati: «Un ristorante su due rischia di non riaprire»
di Francesco Pacifico
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Domenica 14 Marzo 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 01:30

Tavoli pieni, complice il bel tempo, ieri a pranzo sul litorale da Ostia ad Anzio. In coda per mangiare, ma anche per sedersi a un bar per prendere un caffè o un aperitivo, nel Centro di Roma o nelle zone famose per la Movida come Ponte Milvio, Trastevere o il Pigneto prima che scatti il lockdown. Mentre in serata ex camerieri si trasformano in rider, in fattorini, per portare cene calde al posto dei rider veri delle piattaforme di delivery. E le stesse immagini, nonostante le nuvole previste, dovrebbero ripetersi oggi, nell’ultimo weekend “libero”, in zona gialla, prima di entrare in fascia rossa. Cioè quando sarà vietato - se non per l’asporto - avvicinarsi a bar e ristoranti.

Uno scenario che fa disperare i gestori dei locali: perché se è vero che nel weekend tutto il settore incasserà circa tra i 6 e i 7 milioni di euro tra ieri e oggi, si dovrà però aspettare dopo Pasqua per riprendere la propria attività.

Uno stop che secondo la Fipe-Confcommercio costerà 200 milioni di incassi mancati e forse la chiusura definitiva della metà dei locali.

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Non a caso Sandro, oste a Testaccio, sbotta: «La rabbia è così forte che sono quasi felice che si chiuda. La gente non capisce lo stress di non sapere se e quanto potrai lavorare, il dolore che proviamo noi ristoratori a buttare la roba. Abbiamo saputo dell’ingresso in zona rossa soltanto venerdì e non ho fatto in tempo a bloccare le forniture. Appena finisco il servizio per pranzo, mi metto a cucinare la carne che ho in frigo e la regalo ai ragazzi che lavorano con me e ai poveri del quartiere».


GLI EFFETTI


La disperazione di Sandro la esplica in numeri Sergio Paolantoni, presidente della Fipe-Confcommercio capitolina: «Ogni giorno di chiusura costa a tutta la categoria di bar e ristoranti 4 o 5 milioni di euro di mancati incassi, che salgono a 7 nel weekend. Dieci quando c’è il pienone e si pranza su tre turni. Comprendendo Pasqua la perdita complessiva è di circa 200 milioni di euro». Ma gli effetti vanno oltre il calo dei ricavi. «Il 50 per cento dei ristoranti e dei bar - aggiunge Paolantoni - non aprirà nei giorni di questo minilockdown. E temo che la stessa metà chiuderà per sempre. Non conviene alzare la saracinesca soltanto per l’asporto e per le consegne, che rappresentano tra il 20 e il 30 per cento il nostro fatturato. Non ci stai dentro con le spese, sia quelle per le forniture sia quelle per le bollette e l’affitto. E non sto parlando del danno arrecato al nostro indotto».

Appuntamento, quindi ad aprile. «Personalmente - conclude il leader della Fipe-Confcommercio - guardo a un’altra data di aprile, il 30, se davvero dovesse saltare il blocco dei licenziamenti: il settore rischia di lasciare a casa 20mila addetti tra bar e ristoranti, perché non bastano più gli ammortizzatori sociali». Intanto, proprio per provare a salvare il lavoro dei propri dipendenti, il 70 per cento dei 6000 ristoranti a Roma ha “convertito” i propri camerieri in fattorini per le consegne.

«Quando gli ordini sono tanti - spiega dai Parioli Daniele Giorgi - mando in giro anche 4 ragazzi. Questa scelta è importante per due motivi: tranquillizza i nostri clienti, che si vedono raggiunti a casa dai camerieri che di solito li servono nel locale, e ci permette di attutire l’alto costo delle commissioni delle piattaforme online».

Al riguardo Deliveroo, che gestisce gli ordini di quasi 3mila ristoranti a Roma - ha ideato la modalità plus, dove le consegne non sono effettuate dai suoi riders ma direttamente dai ristoranti, che così risparmiano in costi fissi.
 

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