Allarme rosso dei medici romani al ministro della Salute, Roberto Speranza: «A gennaio gli ospedali della Capitale rischieranno il collasso se la curva dei contagi non riprende a scendere costantemente per cui bisogna procedere con provvedimenti restrittivi immediati». Quindi negozi chiusi o con accessi limitati nelle vie dello shopping altrimenti «rischiamo di replicare la situazione di quest’estate quando si è deciso di aprire le discoteche». Conclusione? «Il Governo scelga: o l’economia o la salute», intima il presidente dell’Ordine dei medici Antonio Magi in una missiva al ministro e all’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato.
Proprio D’Amato ha chiarito che se non si torna a un centinaio di contagi al giorno - ieri eravamo a 1.159 - la terza ondata prevista per gennaio schianterà il sistema sanitario laziale.
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Sulle barelle
«All’ospedale dell’Eur - dice Guido Tirelli Coen dell’Anaao Assomed Lazio, l’associazione dei dirigenti medici - la rianimazione è piena, la terapia intensiva post-chirurgica è piena e c’è una sola camera operatoria per le urgenze. Ma oggi (ieri, ndr) su 98 accessi al pronto soccorso la quasi totalità era di non Covid e per loro ormai scarseggiano i posti letto. C’è chi sta aspetta da sette giorni». Non solo. Le convenzioni con le cliniche private per smaltire gli interventi di elezione non sono partite a pieno regime. Stando ai dati della Regione, nel Lazio, ci sono ancora nel Lazio 700mila prestazioni tra screening terapie e 600mila operazioni in lista d’attesa. In questo scenario si rivedono situazioni che sembravano dimenticate. «A mia madre al S. Giovanni - racconta Maria - mentre era in attesa al pronto soccorso di un posto letto, hanno fatto fatica a trovarle un pranzo, perché erano finiti». All’Umberto I, denunciano i sindacati, «tutti i tentativi di separare i percorsi Covid da quelli no Covid svaniscono perché molti pazienti vengono trasportati nei sotterranei che non sono “divisi” per tipologia di malato». Chi arriva in ospedale, inoltre, ha paura di infettarsi. Un problema comune in più strutture dove anche i sanitari continuano a infettarsi. Al Grassi di Ostia - dove per fare spazio ai posti Covid è rimasta una decina di posti per chirurgia d’urgenza e ortopedia - si sono già contagiati 6 radiologi e 5 infermieri, uno è ancora in rianimazione. «Un’estate per studiare un accesso esterno separato per la Tac polmonare - afferma Pino Conforzi, della Uil Flp - per non concludere nulla». La soluzione? Per Tirelli e Conforzi è nel «creare uno o due grandi centri solo Covid e lasciare che gli ospedali riprendano a lavorare normalmente». Ma poi c’è il nodo del personale: «Se non si fanno assunzioni strutturali - dice Roberto Chierchia, segretario Cisl Fp - non si potranno creare posti letto».