Roma, l'Istituto archeologico Germanico ritrova casa: marmi, mosaici e design

Dopo dieci anni l'Istituto torna nella sede storica in via Sardegna. Un cantiere da 26 milioni per aprire la più famosa biblioteca di antichità

Roma, l'archeologia dell'istituto Germanico ritrova casa: marmi, mosaici e design
di Laura Larcan
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Mercoledì 9 Febbraio 2022, 08:27 - Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 16:23

I marmi veneziani sui pavimenti, il verde delle Alpi elegante e raffinato sulle pareti come fosse una seconda pelle, i mosaici di pasta vitrea dorata sulle colonne, sono alcuni dei materiali originali recuperati con uno spirito archeologico. Una scelta quasi naturale e simbolica per quella che viene considerata la casa dell'archeologia romana. Ma non solo. Perché l'Istituto archeologico Germanico, che affonda le radici del suo legame con Roma alla metà dell'Ottocento, quando aprì la prima sede addirittura sul Campidoglio, punta ad un rinnovamento anche in chiave contemporanea. Come a dire che la memoria storica va a braccetto con l'innovazione. Il suo edificio storico in via Sardegna 79, a due passi da Via Veneto, ne è un esempio.

LA RICOSTRUZIONE

Lo scheletro esterno della facciata, di quel razionalismo minimale tutta griglia in travertino e finestroni a parete, che risale al progetto del 1964 (coinvolto persino quell'Annibale Vitellozzi autore del dinosauro della stazione Termini), incarta un imponente cantiere di ricostruzione, che ha riplasmato il corpo interno del complesso.

Per una formula architettonica e di design nuova. La preview, ieri, ha dato la misura dell'operazione per il Germanico che riaprirà qui dopo dieci anni, offrendo di nuovo al pubblico e agli studiosi una delle biblioteche di archeologia più grandi del mondo, con un patrimonio di 240mila volumi. Fervono i lavoro, per questo ultimi sprint che vedrà la conclusione a fine giugno, seguito dal collaudo estivo. Agenda alla mano, l'inaugurazione è prevista per fine 2022. Un progetto fortemente voluto dalla Germania, con un investimento di fondi pubblici di 26 milioni di euro.


La visita regala già il profilo dei luoghi iconici, come la grande sala conferenze a doppia altezza da 150 posti, la biblioteca Platneriana e la sala lettura su due livelli con il grande ballatoio centrale. Tutti al centro di un'accurata progettazione che porta la firma di Insula Architettura e Ingegneria srl.(gli stessi del progetto dell'Arsenale Pontificio per la sede della Quadriennale e della piazza Augusto Imperatore). Un lavoro coordinato dall'impresa Pasqualucci. «I pregiati materiali di pavimentazione e rivestimento sono stati recuperati e reimpiegati quando possibile», racconta l'architetto Eugenio Cipollone di Insula, impegnato nella «sfida di restituire alla Germania un bene culturale così importante, la sede più antica tra i vari istituti germanici all'estero». Un'operazione che vuole «restituire alla città di Roma uno spazio culturale di condivisione in campo archeologico ma anche uno spazio che rigenera il quartiere attraverso la cultura», precisa Cipollone. Non a caso, a visitare il cantiere, ieri, c'era anche l'assessore capitolino alla Cultura Miguel Gotor.

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LA CITTADELLA

L'edificio è imponente, quasi una cittadella. Si articola su otto livelli dinamici e monumentali, dal foyer d'ingresso per l'accoglienza del pubblico e il salone delle mostre, alla sala conferenze multifunzionale, gli spazi che animano la biblioteca e sala letture, l'aula riunioni, fino alla fototeca con il laboratorio di fotografia, gli uffici dei ricercatori e gli alloggi per borsisti. Tutto rivisto in chiave anti-sismica. Il tutto completato dalla terrazza panoramica (che offre un affaccio inedito sul quartiere), pendant del giardinetto interno confinante con il complesso della chiesa luterana. «Il nostro patrimonio documenta indagini e scoperte di materiali datati dal secondo millennio avanti Cristo al VII secolo dopo Cristo - sottolinea il direttore dell'Istituto Ortwin Dally - non altro che il cuore della ricerca archeologica su Roma, in tutta Italia, dall'area Adriatica fino a quella dell'Africa settentrionale. L'archivio, nona caso, costituisce un unicum nel suo genere, aperto al pubblico e agli studiosi».

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