Francesco Bonini, Lumsa: «Roma polo del nuovo umanesimo mondiale, nella Capitale un corso di laurea ad hoc»

Francesco Bonini, Lumsa: «Roma polo del nuovo umanesimo mondiale, nella Capitale un corso di laurea ad hoc»
di Francesco Malfetano
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Martedì 15 Settembre 2020, 07:33

Roma può essere il centro del nuovo umanesimo mondiale ma bisogna aprire una riflessione seria, lavorare insieme su ciò che rappresenta la città fuori dall’Italia e risolvere una per una le sue criticità». Per Francesco Bonini, accademico esperto di gestione pubblica e rettore dell’Università Lumsa di Roma «non esiste una strada facile» per far tornare grande la Capitale o per non disperdere oltre il suo appeal. Tuttavia, garantisce alludendo alla storia millenaria della città, «Roma è già rinata altre volte» e «con le giuste consapevolezze ora può tornare a dire qualcosa di nuovo sui grandi temi strutturali della nostra civiltà».

Rettore, lei parla di una riflessione seria, ma da dove si parte?<QA0>
«Da dove Roma parte da sempre: dalla civiltà e dalla sua conoscenza. La nostra città è un luogo molto attrattivo quando si parla di civiltà e della possibilità di dire qualcosa di nuovo su di essa attraverso il dialogo e la cultura».

Cos’ha in mente?<QA0>
«L’idea a cui stiamo lavorando è dare un’ulteriore sviluppo ad un’iniziativa che portiamo avanti da 3 anni, cioè un dottorato intercontinentale sull’umanesimo contemporaneo. Un percorso che stiamo sviluppando insieme alle università cattoliche di Parigi, dell’Australia, del Cile e di Lisbona e che vorremmo lanciare, magari allargandolo ulteriormente, in occasione del Global Compact on Education (Patto educativo globale ndr) che verrà siglato il prossimo 15 ottobre da Papa Francesco per rendere l’educazione il più possibile aperta ed inclusiva. Poi, già a inizio 2021, formalizzeremo il tutto ».

Cosa comporterà lo specializzarsi su un tema tanto vasto come l’umanesimo?<QA0>
«Vorrà dire fermarsi a riflettere sui temi del dialogo, partendo e arrivando all’impatto della religione sulle nostre vite, ma non necessariamente rivolgendosi al mondo accademico cattolico. Il contesto è più ampio e non ha etichette. È una riflessione da intendersi come un patrimonio della nostra cultura e del nostro vivere civile che ora va attualizzato guardando alla globalizzazione che non può essere solo delle merci, ma deve coinvolgere l’intera sfera dell’uomo».

Qual è il ruolo di Roma in tutto ciò? <QA0>
«La Capitale gode di un appeal incredibile nel mondo, non solo religioso ma pure accademico e scientifico, anche se non siamo molto bravi a valorizzarne il marchio. E poi quale altra città nel mondo è stata internazionale prima di Roma e soprattutto può fregiarsi di essere uno straordinario esempio di conflitto che si risolve in una moltiplicazione di energia?».

Fa riferimento al 20 settembre del 1870? Sono 150 anni che Roma è Capitale. <QA0>
«Esatto. Un evento conflittuale che è diventato un plus. Una data in cui Roma è diventata non solo la grande capitale d’Italia ma anche la sede del Vaticano. Quando noi oggi parliamo di Gerusalemme o di Cipro, oppure dei muri che continuano a nascere ovunque, dovremmo pensare che Roma dà una grande lezione a tutti, anche se non sempre oggi ne è degna».

Senza dubbio l’immagine della città fuori dall’Italia oggi sfugge alla logica dell’umanesimo. Ma come si rimedia?<QA0>
«La sensazione diffusa è che Roma sia lasciata a se stessa. Mi auguro che ora che c’è un dibattito sull’amministrazione cittadina, ciascuno abbia il coraggio di dire qualcosa ma non per contrapporsi ad altri ma per trovare un bandolo comune. Bisogna individuare una priorità alla volta e risolverla».

Da dove partire però?<QA0>
«Partirei dalla pulizia. Ma non intendo i cassonetti, almeno non solo quelli. Piuttosto dalla cura e dal decoro, dal ricostruire un’immagine che non esiste più. Questo ci migliorerebbe, responsabilizzando qualcuno e dando il buon esempio. Roma non è mai stata una piramide, non arriverà qualcuno a risolvere i nostri problemi, serve che lo facciamo iniziando da noi. Per questo ora la saluto, ho la Tari da pagare, come tutti, nonostante il servizio».
 

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