Il precedente
Proprio come è accaduto il giorno di Santo Stefano sugli scontri avvenuti a Milano, in via Novara, prima della sfida tra Inter e Napoli del 26 dicembre, che hanno portato a diversi feriti e alla morte di Daniele Belardinelli, investito da un’auto. E attraverso il mercato nero, come la base di vendita di Acilia, risulta sempre più facile acquistare materiale pirotecnico illegale. Specialmente le «bombe» prodotte al sud, quelle usate soprattutto a Capodanno, come la cipolla, i dentini, o appunto i petardi “Cobra”. Basta legarne insieme tre con dello scotch adesivo da pacchi, metterne un quarto un pochino più sporgente in alto a fare da miccia, è dopo una prima esplosione, arriverà una seconda molto più potente e pericolosa.
Il nascondiglio
Il magazzino di Acilia, dove erano occultati 10 chili netti di polvere pirica, sarebbe gestito da asiatici. Anche i negozianti vicini avrebbero notato strani movimenti. A essere denunciata dalla guardia di Finanza, infatti, è stata una donna cinese di 52 anni. Ora, si starebbe appurando la sua posizione all’interno dell’organizzazione criminale e se il magazzino di Acilia fosse solo il terminale ultimo di una filiera che parte dalla fabbricazione degli esplosivi. Difficile immaginare una «produzione» in loco dei fuochi d’artificio illegali. Insieme alle bombe per gli ultrà, nel corso di un mirato controllo in vista del Capodanno, la Guardia di Finanza di Ostia ha sequestrato altri centinaia di pezzi vietati alla vendita, tra cui le così dette “candele romane”, gli “apocalisse” e i “mini-razzo”, posti in vendita in assenza della prescritta autorizzazione di pubblica sicurezza.
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