Ardea, uccisa dentro casa: «Ha lottato con il figlio»

Graziella Bartolotta ha cercato di difendersi dall’aggressione. Sotto le sue unghie il Dna del suo primogenito Fabrizio Rocchi

Ardea, uccisa dentro casa: «Ha lottato con il figlio»
di Stefano Cortelletti
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Lunedì 4 Ottobre 2021, 00:13

Fabrizio Rocchi da sabato sera è in una cella del carcere di Velletri, accusato di aver ucciso martedì scorso sua madre Graziella Bartolotta, 68 anni, nella sua casa di via del Pettirosso a Tor San Lorenzo, sul litorale di Ardea. Non è bastato professarsi innocente e fornire giustificazione a ogni suo movimento: le prove raccolte contro il 48enne primogenito della vittima dai carabinieri della compagnia di Anzio sarebbero «gravi, precisi, plurimi e concordanti», come ammesso dagli stessi militari. Prima di tutto le tracce biologiche trovate sotto le unghie della vittima in sede di autopsia, eseguita venerdì: ci sarebbero frammenti di tessuti riconducibili al figlio, segno di un tentativo di difesa da parte della donna, attinta da diversi colpi violenti alla tempia sinistra con un oggetto cilindrico del diametro di dieci, quindici centimetri, presumibilmente un posacenere.

La ricostruzione

L’aggressione sarebbe avvenuta martedì scorso, in un lasso di tempo tra le 8.30 e le 9.30.

Le telecamere installate dal vicino di casa di Graziella inquadrano chiaramente Rocchi mentre entra ed esce per due volte dall’abitazione della madre. «Ho salutato mia madre e ci siamo fumati due sigarette - aveva detto Fabrizio l’indomani - poi sono tornato in casa perché avevo dimenticato il planning degli appuntamenti». In realtà le telecamere riprendono Rocchi uscire dall’abitazione materna con un sacchetto in mano, probabilmente contenente l’arma del delitto. Non è ancora stato reso noto se sui vestiti di Rocchi siano state trovate tracce di sangue, elemento che confermerebbe ulteriormente la tesi accusatoria. Di certo c’è che il deambulatore da cui Graziella non si separava mai per camminare era distante dal bagno, dove è stato ritrovato il corpo esanime. Senza sostegno la donna non poteva fare neanche pochi metri, come confermato dalla badante Loredana Popa, la prima a scorgere il cadavere martedì pomeriggio. Come sarebbe potuta arrivare da sola in bagno?

L’arma del delitto non è stata ancora trovata. I carabinieri sospettano che Rocchi, dopo l’omicidio, abbia messo il posacenere in un sacchetto nero e lo abbia portato con sé a Roma, all’Infernetto, dove aveva detto di lavorare come giardiniere presso un’abitazione privata, gettandolo in un fossato il giorno stesso dell’omicidio. Il giorno dopo, giovedì, servendosi di un’auto noleggiata in un’agenzia di Tor San Lorenzo - il suo furgone gli era stato sequestrato - sarebbe tornato all’Infernetto per recuperare il sacchetto e farlo sparire chissà dove. Per crearsi un alibi, il 48enne sarebbe passato dalla famiglia a cui doveva sistemare il giardino, dicendogli che non sarebbe potuto venire a lavorare nei prossimi giorni essendo morta sua madre. Un fatto decisamente strano, visto che erano mesi che quella famiglia non aveva notizie di Rocchi. L’arma era stata occultata tra la vegetazione, lo dimostrerebbero le scarpe infangate che indossava il 48enne rientrando ad Ardea nel pomeriggio di giovedì, dopo aver presumibilmente recuperato e fatto sparire il sacchetto. Resta poco chiaro il movente: i rapporti tra Rocchi e la madre erano turbolenti, ma potrebbero esserci anche altri problemi di natura economica. Per i carabinieri sarà importante ricostruire le dinamiche familiari anche attraverso la collaborazione di parenti e vicini.

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