Rutelli: «La Capitale tagliata fuori, mancano proposte serie»

Francesco Rutelli
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 5 Settembre 2020, 00:37

«Un’altra occasione internazionale per Milano, dopo le Olimpiadi invernali, una “ricompensa”, se così si può dire, per Torino».
E per Roma?
«L’ennesima pagina buia», risponde Francesco Rutelli, ex sindaco della Capitale, ex ministro dei Beni culturali, oggi presidente dell’Anica, l’associazione nazionale delle industrie cinematografiche audiovisive. 
Che significa per Roma il fatto che il governo abbia candidato Milano come sede del Tribunale unificato dei brevetti, dopo l’assegnazione, già di per sé innaturale, dei giochi invernali del 2026? Palazzo Chigi ha parlato di un «asse del Nord-Ovest consolidato»...
 

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«Ecco, oltre all’asse del Nord-Ovest il governo dovrebbe pensare anche a Roma, colpita durissimamente dalla crisi e che ora si ritrova a dover disegnare la propria fisionomia nel post Covid. Roma non può essere trascurata».

Invece, anche stavolta, sembra rimasta tagliata fuori da una partita internazionale, che porta con sé sviluppo e posti di lavoro.
«Purtroppo è stata estromessa. L’abbiamo vista scavalcata da due città che competono per un polo internazionale e poi a quella che non viene “premiata” si attribuisce, senza alcuna discussione pubblica, un contentino, che in realtà non lo è affatto data l’importanza delle prospettive dell’intelligenza artificiale. Certo, per attirare investimenti strategici è necessario fare proposte».

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E Raggi non le ha fatte. Roma non era stata candidata...
«Non pronuncerò alcun nome, perché non mi interessano le polemiche. Però mi sembra evidente che per il rilancio di Roma bisogna avanzare progetti credibili e soprattutto che diano opportunità strategiche di sviluppo economico e occupazionale. Il governo dovrebbe prevedere premialità per chi viene ad investire nella Capitale, bisogna competere per creare istituzioni di rango internazionale. Stiamo per entrare nel 150esimo anniversario di Roma Capitale, che si celebrerà nel 2021. Nei prossimi mesi si dovrebbe sviluppare un dibattito alto sul futuro della città, una discussione che riguardi le istituzioni, il governo, le università, che sancisca questo anniversario non con celebrazioni del passato, ma nuovi traguardi. Per questo vorrei proporre 7 piste, 7 strade per investimenti strategici che rilancino Roma. Si potrebbe partire proprio dalle agenzie internazionali».

Le occasioni perse?
«No, quelle già esistenti, che operano a Roma e che spesso consideriamo alla stregua di ospiti».

In che senso?
«Non vengono valorizzate. Penso alla Fao, al World Food Programme, all’Ifad, più altre agenzie legate alla nutrizione e allo sviluppo internazionale. Sono realtà molto importanti da far vivere e crescere meglio, anche creando incentivi per insediare a Roma soggetti pubblici e privati che si occupino della finanza per l’Africa e per i paesi in via di sviluppo, ridando così a Roma alcune funzioni perdute di capitale finanziaria. Altre realtà che andrebbero messe a valore sono i poli di ricerca e universitari, con nuove eccellenze legate alle sfide della cybersicurezza, della fisica, della scienza della terra. Poi ci sono le imprese culturali e creative. A Roma potrebbe nascere un centro di alta specializzazione, sul modello di quanto sta avvenendo a Berlino. Un investimento che potrebbero fare insieme il Ministero dello Sviluppo, lo sta seguendo il sottosegretario Manzella, e quello dei Beni culturali. E non posso non parlare di cinema e di audiovisivo, che significa molti posti di lavoro, anche con aziende digitali e un fiorire di startup che hanno bisogno di sostegno: si deve rafforzare un distretto produttivo già competitivo».

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«Sì, Netflix ha aperto qui la sua sede. Ma bisogna pensare, da subito, a quando anche Amazon e Apple, per le attività relative ai contenuti, apriranno sedi in Italia. Serve poi consolidare il distretto del farmaceutico. Un settore fortissimo nell’area romana. Cito una realtà pubblica, lo Spallanzani, e una privata, l’Irbm, che a Pomezia ha portato avanti una sperimentazione del vaccino anti-Covid. E c’è l’enorme sfida dell’energia: la fondazione Enea Tech ha avuto 500 milioni di euro nel Dl Rilancio per essere “pivot” di ricerca e trasferimento tecnologico nel campo energetico. È un’opportunità da cogliere immediatamente. C’è bisogno in prospettiva di progetti e investimenti enormi per l’adattamento climatico. Roma, anche con Eni ed Enel, potrebbe puntare su un centro di studio e progettazione su questi temi, una centrale di intelligenze di livello mondiale».
 
C’è anche il turismo da rilanciare e ripensare, dopo la pandemia. 
«La via è una: puntare sull’eccellenza turistica, oltre che sulle masse che stanno due giorni e mezzo al massimo e poi vanno via. Quando l’emergenza sarà finita, bisognerà far decollare pienamente il distretto congressuale di Roma, imperniato sull’Eur, e che è incompleto, pensiamo alla viabilità, mancano perfino i parcheggi. Non tutte le riunioni e conferenze si faranno su Zoom. Si potrebbe anche creare una scuola di formazione per l’eccellenza manageriale e professionale sul turismo. Roma può presentarsi e vincere queste sfide. E il governo deve essere dalla sua parte».

 

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