Roma, finta bonifica lungo il Tevere: vigile corrotto con un’automobile

Roma, finta bonifica lungo il Tevere: vigile corrotto con un’automobile
di Giuseppe Scarpa
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Domenica 9 Giugno 2019, 11:26
Ha chiuso un occhio su un terreno inquinato, a due passi dal Tevere, in cambio di un’automobile. Un spicchio di terra, non lontano dal Gazometro, su lungotevere Gassman, era stato contaminato da un deposito di materiale ferroso. Un’area gestita dalla Metaltevere srl. L’amministratore di questa società, invece che spendere i soldi per far bonificare il tutto, aveva deciso di corrompere un vigile urbano. Casco bianco che aveva accettato le lusinghe dell’uomo e si era fatto “comprare”, accusa la procura, con una bella macchina, un suv. In cambio, l’agente della municipale, aveva dichiarato il falso attestando il risanamento dell’area, nell’agosto del 2014. 
Un’inchiesta della procura ha portato alla luce questo episodio. Nella rete degli investigatori sono però caduti anche altri tre vigili rinviati a giudizio, a vario titolo, per abuso d’ufficio, truffa e omissione in atti d’ufficio.
 
È stato sufficiente il prestito di Ssangyong Rexton per convincere un agente a far finta di nulla. L’amministratore della Metaltevere avrebbe semplicemente concesso per quattro mesi un’automobile. Come contropartita ha evitato un’onerosa bonifica. In cambio, il vigile, questa l’accusa della procura, ha prima sorvolato sulla rimozione dei rifiuti. Mondezza che, in pratica, è rimasta lì dove era sempre stata. In seconda battuta, carta alla mano, l’agente ha sancito il ripristino dell’area. La fedeltà del vigile sarebbe andata ben oltre. Infatti il casco bianco avrebbe «autorizzato la rimozione di due macchine industriali» messe sotto sequestro da parte della procura, «in assenza di un provvedimento» dell’autorità giudiziaria.
 
Non si è accontentato dell’auto in prestito, il vigile urbano imputato per corruzione. Casco bianco, evidentemente, poco ligio al dovere e anche con poca voglia di lavorare. Questo emerge dall’indagine. L’uomo, infatti, assieme ad una collega dell’XI gruppo della compagnia Marconi avrebbe utilizzato il badge con una certa disinvoltura. Secondo la procura, i due si alternavano: un giorno “timbrava” un collega, il giorno dopo l’altro. In totale, secondo il pubblico ministero Francesco Dall’Olio, per ventidue volte i due avrebbero timbrato il cartellino senza essere al lavoro. Entrambi, adesso, sono accusati di concorso in truffa, hanno percepito retribuzioni senza aver prestato alcuna attività tra il dicembre 2014 e il maggio 2015.
 
L’ultimo episodio riguarda un panificio in via dei Quattro venti, nel quartiere di Monteverde. In questo caso un terzo agente è accusato di abuso d’ufficio. In pratica avrebbe avvertito il tecnico di parte, un geometra, di tutta una serie di controlli, relativi a dei lavori di regolarizzazione dell’esercizio commerciale. Spifferate che avrebbero consentito allo stesso titolare del negozio di «provvedere alla temporanea e fittizia regolarizzazione» dell’attività. Nel caso è finito invischiato anche un altro casco bianco. In pratica, il quarto agente imputato in questa inchiesta, un funzionario del II gruppo, sarebbe venuto a conoscenza delle soffiate che il suo agente forniva al negoziante. Nonostante questo il poliziotto della municipale avrebbe fatto finta di niente. Non avrebbe comunicato la “notizia di reato” all’autorità giudiziaria. Per questo motivo adesso si dovrà difendere dall’accusa di omissione in atti d’ufficio. Un reato che prevede una condanna fino a un anno di carcere. 
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