Roma, figlia di 13 anni violentata dal papà lo incastra con il tema: «Ha abusato di me di notte»

La vittima è una ragazzina tredicenne. L’uomo è stato condannato a 5 anni ma nega: «È un gesto che non si può neanche pensare»

Il tema incastra il papà orco. La bambina: «Ha abusato di me di notte»
di Erika Chilelli
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Domenica 16 Ottobre 2022, 23:11 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 11:02

«Quella notte era strana, io sentivo e vedevo tutto e solo al pensarci mi viene da dire: ma era veramente mio padre?». È in una tema scolastico, mettendo tutto nero su bianco, che una tredicenne di Roma ha trovato il coraggio di raccontare l’abuso subito dal padre 45enne tre mesi prima, nel dicembre del 2019. L’uomo era entrato nella sua stanza in tarda notte, credendo che stesse dormendo, per abusare della figlia. Lei, sveglia, ma impaurita, non è riuscita a reagire. Adesso il padre orco è stato condannato a 5 anni di reclusione con l’accusa di violenza sessuale aggravata, e al pagamento di un risarcimento danni da 20mila euro.

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I FATTI

È il 27 dicembre del 2019, a tarda notte la tredicenne chiede di andare a dormire dalla nonna perché non vuole restare in casa con il padre.

Non aggiunge altro, ma la mamma, che ha notato un profondo disagio nella figlia, prima di acconsentire alla richiesta chiede spiegazioni al marito. L’uomo, invece di rispondere in modo chiaro, comincia ad agitarsi fornendo alla moglie delle spiegazioni confuse: «Io le ho solo abbassato la maglietta del pigiama, ansimava e l’ho dovuta coprire». Alla nonna, però, la ragazzina mesi dopo racconterà una storia diversa: la stessa scritta nel tema. Il padre era entrato nella sua stanza e, convinto che lei stesse dormendo, le aveva preso il braccio e lo aveva portato verso le parti intime. La ragazzina aveva provato a confidarsi con la madre, mandandole un video da casa della nonna, pronunciando le parole che avrebbe poi messo nero su bianco nel compito scolastico: «Era veramente mio padre?».

IL TEMA

Tre mesi dopo la tredicenne ha deciso di raccontare l’accaduto nel compito in classe di italiano. Una richiesta di aiuto, considerata dagli inquirenti una prova fondamentale: «Ho toccato con il mignolo le sue parti intime, ho temuto che potesse succedere altro. Sono stata ferma, non mi sono mossa, per fingere di dormire – scrive nell’elaborato scolastico - aveva la mano sopra la mia e mi faceva il gesto, mi sono voltata dall’altra parte e lui ha capito che ero sveglia ed è andato via». Il racconto di Giulia, però, non si è limitato agli avvenimenti del 26 dicembre. Si sentiva al sicuro nel mettere per iscritto il disagio emotivo che la stava tormentando, così, nel tema ha dipinto una situazione famigliare in declino, violenta ed esasperata: «Quando litigano e lui vuole picchiarla ci sono sempre di mezzo io – ha scritto la tredicenne nell’elaborato – mi prendo le botte per loro, ma non importa, preferisco fare da scudo a mamma perché lui, una volta, mi ha detto che l’avrebbe uccisa».

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A confermare la versione di Giulia è stato il fratello che ha raccontato agli investigatori che la notte del 26 dicembre 2019 stava giocando con i videogiochi e aveva sentito il padre rientrare in casa: «Faceva avanti indietro tra il salone e la camera, con passi pesanti, come per controllare che fossimo tutti a letto – ha riferito il minore - dormivamo sempre con le porte aperte, ma ad un certo punto ho sentito la porta di mia sorella chiudersi».

L’uomo ha sempre negato tutto: «È un gesto che non si può neanche pensare», ha riferito al suo avvocato. Ma sono bastate le parole lucide e cariche di dolore della tredicenne a convincere il giudice della quinta sezione collegiale a condannare l’imputato a scontare la pena di 5 anni di reclusione e al pagamento di 20mila euro di multa.

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