Roma, opera senza laurea e lascia paziente invalido. Falso medico ha lavorato al San Giacomo per 15 anni

La Corte dei conti ha condannato il falso medico, che ha lavorato 15 anni al San Giacomo. L’imputato era capo equipe di ortopedia. Un uomo che operò ha la mano paralizzata

Roma, falso medico operava senza laurea e il paziente resta invalido. Ha lavorato 15 anni al San Giacomo
di Michela Allegri
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Domenica 29 Maggio 2022, 08:17 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 10:55

Quindici anni trascorsi in sala operatoria, diventando addirittura il capo dell'equipe di Ortopedia all'ospedale San Giacomo. Peccato che il dottore in questione, in realtà, fosse un impostore: non aveva mai conseguito la laurea in Medicina e per più di un decennio era riuscito a ingannare tutti quanti. Fino al giorno del disastro: dopo un intervento relativamente semplice, ma eseguito in modo grossolanamente errato, un paziente è rimasto paralizzato a una mano. E così sono partite la causa per il risarcimento e l'inchiesta svolta dalla compagnia assicuratrice. È emerso l'impensabile: R. I. si è autodenunciato ai Carabinieri, dicendo di non essere in possesso della laurea e, quindi, di non essere mai stato iscritto all'albo. Nel frattempo il paziente è stato risarcito dalla Asl Roma 1. Ma nei giorni scorsi il saldo finale è stato chiesto al finto dottore, a distanza di molti anni dalla vicenda: la Corte dei conti ha disposto che paghi all'azienda sanitaria raggirata 128mila euro.

La causa

Il falso medico è stato smascherato dopo un disastroso intervento chirurgico per curare una frattura: il paziente si era ritrovato con una «totale impotenza funzionale della mano destra», si legge nella sentenza.

Durante la causa civile, il consulente tecnico aveva rilevato «una insufficiente o erronea preparazione teorica e pratica nell'affrontare l'intervento chirurgico», evidenziando che c'era stato «un accesso chirurgico non previsto nel trattamento delle fratture del terzo prossimale della diafisi». Aveva poi sottolineato che «c'erano anche alcuni dubbi sul posizionamento della placca e delle viti sul radio». Per questo motivo era stata sentenziata la «colpa grave» del sanitario. Decisione confermata anche nel 2018, alla fine del processo di appello. L'azienda era stata condannata a pagare 128mila euro.

La denuncia

Durante il processo, però, a tre anni di distanza dall'intervento, R. I. si era prima licenziato e poi autodenunciato ai Carabinieri. La conseguenza era stata la decadenza delle coperture assicurative per l'azienda sanitaria e dell'ospedale. Nella sentenza si legge che dagli atti dei giudizi civili è emersa «la macroscopica imperizia che ha caratterizzato l'operato, dovuta alla mancanza dell'alta qualificazione professionale che serve per esercitare la professione medica». La colpa del falso chirurgo è considerata lampante: in modo doloso, ha nascosto «per oltre 15 anni all'Azienda, ai colleghi e ai pazienti la sua reale qualificazione», scrivono i giudici contabili. Ogni volta che entrava in sala operatoria, accettava il rischio «che i suoi abusivi interventi chirurgici, peraltro realizzati in una branca particolarmente rischiosa, potessero danneggiare la salute dei pazienti». Circostanza che, alla fine, si era verificata. L'uomo ha agito con dolo: per i giudici, era «ben consapevole di non possedere i titoli necessari (né la competenza) per svolgere il delicato intervento chirurgico». Per mettere in tasca quotidianamente lo stipendio di medico ospedaliero, in servizio nel reparto di Ortopedia e traumatologia, ha messo a repentaglio per tantissimo tempo la vita di chi finiva nella sua sala operatoria. Le probabilità che si verificassero incidenti, infatti, era altissima, come viene sottolineato nella sentenza e come era stato evidenziato anche dai consulenti nell'ambito della causa civile. A nulla sono valse le giustificazioni dell'uomo per evitare la condanna, come quella di non avere agito da solo nel corso dell'operazione andata male. Secondo i magistrati, infatti, gli altri due componenti dell'equipe non hanno responsabilità: erano rispettivamente il primo e il secondo aiuto e, «oltre a non avere specifiche competenze in materia ortopedica, non erano a conoscenza delle reali qualificazioni professionali» del finto chirurgo.

 

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