«I soldi? Li ho chiesti a Domenico Spada e lui mi ha aiutato». «Il debito? Non ricordo». «Se ne ho parlato al telefono con mio padre e la mia fidanzata? In quel periodo raccontavo a tutti bugie». Le risposte dei testimoni al processo in corso al clan Casamonica e affini smantellato nell'operazione Gramigna del 2018 dei carabinieri di Frascati con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia (37 le ordinanze di custodia cautelare spiccate), è pieno di «non ricordo», «non so», «sono confuso». E per l'accusa è la riprova del potere intimidatorio che il clan («sono tanti, sono pieni di fratelli e cugini che si muovono», diceva un calabrese legato alla ndrangheta intercettato dai militari), continua ad avere nonostante tutto, anche se molti dei suoi esponenti di spicco sono dietro le sbarre.
Roxy Bar, Cassazione conferma condanna a 6 anni per Antonio Casamonica
La presidente del III Collegio della X Sezione del tribunale di Roma Antonella Capri più di una volta nel corso delle udienze è costretta a intervenire per rinfrescare la memoria ai teste sulle regole processuali e sul comportamento di responsabilità civile da tenere.
Non è l'unico a tentennare e a ritrattare di fronte all'incalzare delle domande del pubblico ministero. Un altro testimone, Simone Formica, lo dice chiaramente - anzi sembra volerlo sottolineare sapendo di essere sentito dagli imputati, quando Musarò gli contesta le intercettazioni proprio con Alabiso, in cui si lamentava delle vessazioni subite dal clan - che «senza quelle telefonate io non lo denunciavo (a Domenico Spada, ndr)». Facendolo passare quasi per un benefattore: «Alla fine lui mi ha aiutato». Poco importa che Formica, stando alle indagini, a fronte di un prestito di 800 euro dal pugile, alias Vulcano, ai primi del Duemila, raccontava di avere dovuto pagare 50-60mila euro di interessi. Per il teste «è colpa mia, sono io che ho sbagliato ad andare da lui». E se a verbale aveva detto tutto il contrario, lui: «Mi sarò sbagliato». Il pm cerca di capire perché evitasse di andare a parlare con Vulcano nella sua palestra e avesse paura di rimanere solo con lui, dal momento che temeva gli imbruttisse: «Per imbruttire che intende?». Formica: «Quando io mi allargavo troppo, ma mai con cattiveria». Musarò ribatte: «Imbruttire con gentilezza mi pare difficile».
Tra i testimoni ascoltati in questi giorni compaiono anche il maestro di musica e il capo della banda musicale che intonò le musiche del Padrino al funerale show di Vittorio Casamonica. Anche con loro Musarò deve insistere prima che comincino a tratteggiare l'insolito scenario in cui si trovarono (i petali lanciati dall'elicottero, i brani non usuali per delle esequie...) e che descrissero in prima battuta. «Ma era tutto normale o un problema ve lo siete posto?», domanda.