Roma, il Pd si divide sul candidato sindaco: ulivisti ed ex renziani per la carta Calenda

Roma, il Pd si divide sul candidato sindaco: ulivisti ed ex renziani per la carta Calenda
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Domenica 11 Ottobre 2020, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 09:33

Nelle stanze del Nazareno vicine a quelle del segretario Zingaretti, qualcuno azzarda: «Dai e dai, Nicola, alla fine di convincerà a puntare su Calenda. Mica si può tenere la Cirinnà!». Chissà, i giochi sono appena cominciati. Ma nei prossimi giorni il niet che Zingaretti era sembrato dire a Calenda nella loro telefonata - «O fai le primarie o niente» - potrebbe smosciarsi. Anche considerando che i principali consiglieri del segretario - quelli che dicevano pubblicamente «Calenda non esiste proprio» - adesso arretrano: «La scelta spetta al Pd romano». Il quale, come quello nazionale, è in preda a un tormento vero prodotto, e siamo al paradosso, da una candidatura, quella appunto dell’ex ministro dello Sviluppo economico e leader di Azione, che ufficialmente ancora non c’è.

Roma e il candidato sindaco, Giletti: io tentato. Nel Pd si fa strada Barca

Il rompicapo di Zingaretti e di tutti gli altri è questo: «Perché rinunciare alla carta Calenda, che toglie voti al centrodestra e allarga il nostro campo, quando c’è il rischio che la sua corsa in solitaria tolga i voti a noi e aiuti la Raggi ad andare al ballottaggio?».

Il problema sono le primarie a cui Calenda non vuole assolutamente sottoporsi, ma il problema è risolvibile perché come ha detto il vice-segretario dem Andrea Orlando»: «Non devono essere fatte per forza e non sono una panacea».

Roma, Zingaretti si arrende: primarie per il dopo Raggi. Il centrodestra in alto mare

E di problemi ce ne sono altri per il Nazareno. Il pressing di buona parte del partito, a cominciare dalla corrente filo-renzista di Base democratica guidata dal ministro Guerini, che non vede bene il rinchiudersi nel recinto dell’identità «de sinistra» L’atteggiamento di curiosità e di apertura che alcuni padri nobili del Pd fanno trapelare in favore dell’ipotesi Calenda. E la saldatura tra ulivisti ed ex Margherita (il mattarelliano Castagnetti giudica «una benedizione per la città» la disponibilità del leader di Azione) che Caudo non sanno neppure chi sia e neppure altri gareggianti da gazebo. La stessa opzione Fabrizio Barca rientra chiaramente in un discorso identitario di matrice ex Pci.

Roma, ipotesi Giletti candidato sindaco per il centrodestra. Calenda fa paura al Pd

I renziani di Italia Viva - che nella riunione del centrosinistra romano proporranno formalmente al Pd di candidare tutti insieme Calenda - così come gli esponenti capitolini di Base riformista sono per lo più convinti del «dai e dai», ovvero: alla fine Zingaretti potrebbe capire che gli conviene Calenda. Beppe Fioroni, che proprio alla corrente più riformista appartiene e maneggia la questione romana da sempre, osserva: «Il nostro partito non indugi. Calenda è il candidato più autorevole. Con lui, a Roma, si può vincere nel 2021». Il leader di Azione intanto si gode l’effetto che sta facendo la sua quasi certa discesa in campo. Da solo o con i dem, ma senza nessuna intenzione di fare unicamente il candidato della sinistra, bensì lo sparigliatore sulla base della propria competenza imprenditoriale (viene dal mondo delle aziendale). 

Serve una “squadra”/Quell’assenza ingiustificata di candidati al Campidoglio


BOTTA E RISPOSTA
E comunque: «Le decisioni sono mie e le prenderò indipendentemente dal Pd», dice Calenda in risposta su Twitter a uno che aveva scritto: «Calenda getta sterco sul Pd da mesi, dopo averlo usato prima per farsi eleggere e poi andarsene a fare un partitino dello zero virgola e in più sta pure all’opposizione. E voleva il benvenuto?». C’è una parte del Pd che più o meno così la pensa. Ci sono i «7 nani» delle primarie che vedono come il fumo negli occhi - e faranno baccano - l’eventuale unione con Calenda con abolizione dei gazebo. Il problema di Zingaretti, preso in mezzo tra il fuoco dei riformisti e aperturisti e le chiusure della sinistra-sinistra, è questo: se concede troppo al leader di Azione rischia di perdersi un pezzo di partito. Ma se non punta a una figura di spicco, anche correndo il pericolo di non controllarla, la partita romana si fa più asfittica e meno innovativa. 

Calenda: «Dal Pd candidato debole per spartirsi Roma con M5S. Ma hanno distrutto i dem»

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA