Bici a noleggio, effetto virus: in strada meno della metà

Bici a noleggio, effetto virus: in strada meno della metà
di Francesco Pacifico
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Martedì 9 Giugno 2020, 14:39

Un duro colpo per gli ambiziosi progetti di Virginia Raggi di introdurre anche a Roma una mobilità dolce. Quasi 3mila nel periodo di massimo splendore, tra le 700 e le 800 in questi giorni: sono ormai introvabili nella Capitale le biciclette rosse elettriche di Uber. Se fino a qualche mese fa erano diventate quasi un ornamento dell'arredo urbano - sparse, o meglio parcheggiate in maniera disordinata su marciapiedi e agli angoli delle strade - adesso sembrano sparite le due ruote del servizio Jump.
Non è la prima volta che nella Capitale fallisce miseramente un servizio di bike sharing, ormai mezzo di trasporto consolidato nelle altre capitali, amato dai turisti quanto dai pendolari. Per la cronaca, tutti i tentativi lanciati dal 2008 a Roma su questo fronte non sono mai andati a buon fine. Due anni fa i singaporiani di Obike, per la verità in cattive acque, scapparono dalla Città eterna perché il grosso dei loro mezzi era stato rubato o gettato nel Tevere come estrema forma di vandalismo. Problemi che, invece, non ha registrato Jump nella sua breve esperienza capitolina: pochissimi furti e in meno di tre mesi 100mila viaggi per 223mila chilometri percorsi. Ma quel periodo è ormai un ricordo lontano.

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LA CESSIONE
A maggio il colosso della mobilità condivisa ha deciso di investire nel concorrente Lime, partecipando con altre aziende e fondi a un finanziamento da 170 milioni. Accanto ai soldi, Uber ha deciso di cedere al nuovo partner anche il ramo del servizio di ebike, compreso quello sulla piazza di Roma. Alla base della decisione le restrizioni imposte dal lockdown, con il business crollato dell'80 per cento nel mondo. Ma non a Roma. In verità Jump avrebbe deciso di ridurre la sua attività anche prima del Covid: partita lo scorso 21 ottobre con un migliaio di mezzi, a febbraio - prima che iniziasse la pandemia - poteva contare su una flotta di 2.800 mezzi. Soprattutto - al dì la di qualche polemica sui costi - aveva conquistato subito il cuore dei romani: il 73 per cento delle corse era effettuato durante la settimana e per lo più per andare a lavoro.
Come detto, poco prima del Covid, l'azienda aveva già deciso di ridurre il numero delle due ruote in circolazione. Con il lockdown, invece, era arrivato l'input dal quartier generale di San Francisco di sospendere il servizio. Dopo le pressioni del Campidoglio - in questi ultimi mesi ha anche incentivato la mobilità in sharing riducendo gli oneri per i vettori - si era arrivati a un compresso: in giro sarebbero rimaste 600 bici con tanto di tariffa scontata, che nei giorni del blocco sono state usate soprattutto dagli operatori sanitari venuti a Roma per dare una mano negli ospedali locali. Nella Fase 2 la flotta è tornata a 1.300, ma dall'accordo con Lime, l'azienda - dicono i bene informati - terrebbe il grosso delle biciclette in garage, in attesa che dal 15 giugno subentri nella gestione del servizio la stessa Lime, che già offre in condivisione monopattini. Quindi addio alle frecce rosse di Uber.

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