Roma, il bar di Troppo forte rischia di chiudere, Verdone: «Grande rabbia, bisogna salvarlo»

Roma, il bar di Troppo forte rischia di chiudere, Verdone: «Grande rabbia, bisogna salvarlo»
di Gloria Satta
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Venerdì 2 Aprile 2021, 08:21 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 17:03

«Ho appena appreso dalle pagine del Messaggero che il baretto di Troppo forte sta cadendo in rovina ed è ormai preso di mira dai vandali», dice Carlo Verdone, «ci sono rimasto malissimo: quel locale, immerso nella pineta di Castel Fusano, non soltanto aveva ospitato le riprese del mio film. Era anche un punto di riferimento per tanti romani. I luoghi della nostra memoria vanno preservati, ma la burocrazia favorisce il degrado. Non solo a Roma, in tutta Italia».

Roma, chiude il bar del film Troppo forte di Carlo Verdone: preda di vandali e incuria. I fan si mobilitano


Dopo la denuncia del nostro giornale sullo stato di abbandono in cui versa la Casina nel Bosco a causa della mancata riassegnazione della concessione scaduta, l'attore e regista ricorda Troppo forte, la commedia del 1986 in cui interpretava il coatto Oscar Pettinari e proprio nel locale girò l'irresistibile scena del flipper, un cult senza tempo.


Come aveva scoperto quel baretto?


«Grazie ai sopralluoghi. Cercavo un posto che mi permettesse di scorrazzare con la moto nel verde e rimasi colpito dalla poesia della Casina. A conquistarmi fu l'umanità che la popolava. Apprezzai la semplicità del posto e mi piacque tanto anche il vecchio flipper piazzato in un angolo».


E le è venuta là l'idea della scena in cui il suo personaggio spinge la pallina non con il polso ma sdraiandosi di ventre sul biliardino elettrico?


«No, quella l'ho avuta frequentando a 20 anni le bische romane affollate di personaggi alla Oscar: proprio a quei ricordi ho dedicato un capitolo del mio ultimo libro La carezza della memoria (Bompiani) che torna indietro nel tempo, alle storie e alle persone che hanno segnato la mia giovinezza».

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E lei è più tornato nel baretto di Troppo forte?


«Una quindicina d'anni fa perché pensavo di ambientare là una sequenza di un altro mio film. Alla fine ho rinunciato ma mi aveva fatto piacere scoprire che i panini della Casina erano ancora ottimi, il gelato sempre di prim'ordine e i romani continuavano a frequentare quel luogo. Sapere che non è ancora uscito il bando che riassegna la concessione e il baretto rischia di sparire mi provoca una grande rabbia».


Perché se la prende tanto?


«La vicenda di quel locale è l'ennesima conferma che le lungaggini burocratiche stanno devastando non solo la nostra città ma l'intero Paese. L'immobilismo delle istituzioni genera il degrado e anche il cattivo esempio: se non c'è attenzione per il bene pubblico, come possiamo aspettarci un comportamento rispettoso da parte della gente? Ma a Roma ci sono altri casi di incuria».


Quali sono?


«Anni fa un fulmine spaccò la balaustra della statua di Garibaldi al Gianicolo, uno dei luoghi più conosciuti e frequentati della Capitale.

Incredibilmente, non è stata ancora riparata. E il cornicione caduto dalle Mura Aurelie è ancora transennato dopo la bellezza di 15 anni: ormai anche la protezione, che invade la strada nel punto in cui curva, è diventata un reperto archeologico coperto dalle erbacce. Una vergogna. Cosa si aspetta a riparare questi danni? Perché nessuno si muove? Di chi è la responsabilità? Non posso rassegnarmi».

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Cosa direbbe ai suoi fan che hanno lanciato una petizione per salvare il baretto di Troppo forte?


«Innanzitutto li ringrazio. Sono dalla loro parte, appoggio la battaglia per la Casina. I luoghi della nostra memoria vanno rispettati e preservati perché testimoniano un tempo che non c'è più e ha formato il nostro immaginario, la nostra esperienza. Il mondo non può ridursi a ospitare soltanto centri commerciali, le cattedrali del consumismo».

Cosa si dovrebbe fare, secondo lei?


«Non dobbiamo proteggere soltanto le opere d'arte. Anche luoghi semplici come il baretto del mio film, legato ai ricordi di tante persone, rappresentano la nostra memoria storica. Non è giusto lasciarli all'incuria e ai vandali. Il menefreghismo dei politici genera l'inciviltà dei cittadini. Ed è imperdonabile».

 

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