Roma, la fuga delle aziende e l'inerzia del Campidoglio

Roma, la fuga delle aziende e l'inerzia del Campidoglio
di Andrea Bassi e Lorenzo De Cicco
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Giovedì 3 Settembre 2020, 00:01

ROMA C’è una tabellina che in poche righe e qualche colonna racconta l’autunno nero che Roma si prepara ad affrontare. L’ha predisposta la Cna, la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola impresa. In ogni riquadro c’è indicato un settore economico e accanto quello che gli artigiani e le piccole imprese si attendono accadrà al loro fatturato, ai loro dipendenti, alla loro stessa impresa. Il quadro è desolante. Prendiamo le 8.364 imprese di ristorazione della Capitale. La previsione generale è di un calo del fatturato del 70% e per un’impresa su tre il destino è segnato: la chiusura. Lo stesso vale per le gelaterie: fatturato inferiore dell’80% rispetto all’anno passato e il 40% non arriverà all’anno venturo. Non si salva nessuno. Nemmeno gli impiantisti, un settore sul quale difficilmente il sole cala. Per le oltre 8 mila ditte del settore, la previsione è di una riduzione degli affari del 40% con il 15% destinato a tirare giù le saracinesche. Senza contare i tunnel senza uscita nel quale sono finiti gli alberghi (85% di fatturato in meno previsto), il comparto dell’oreficeria o dei trasporti. Va un po’ meglio per le imprese più grandi.

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VIA DALLA CITTÀ
L’ultima indagine Covid di Unindustria prevede che i fatturati tengano, ma il 37% delle imprese ritiene che dovrà tagliare i dipendenti. La città, insomma, non riesce a ripartire. Lo ha detto, senza girarci troppo attorno, Cityscoot, la società francese che solo qualche mese fa aveva riempito le strade della Capitale con i suoi motorini elettrici bianchi e blu. Roma, a differenza delle altre città in cui il marchio opera, ha fatto sapere l’azienda, non si è mai ripresa. Un addio amaro. Ma che segue un trend iniziato ben prima del Covid e che la pandemia e la conseguente crisi economica, rischia di accelerare. Sky, Esso, Opel, Consodata, Total Erg, Baxalta, avevano delocalizzato altrove le proprie attività. La palla di neve rischia di diventare valanga. Ma l’addio di Cityscoot racconta anche altro. «La crisi della Capitale», dice Stefano Di Niola, direttore della Cna di Roma, «rischia di essere la crisi del suo Centro, del primo municipio». Lo smart working della pubblica amministrazione e del privato ha svuotato gli uffici. I milioni di stranieri che di solito, durante l’anno, affollavano le vie più caratteristiche della città, sono svaniti. «Le attività stanno vivendo», dice Di Niola, «una fase terribile, ci sono decine e decine di migliaia di persone in cassa integrazione. Oggi andrebbe fatto di tutto per agevolare commercianti e imprese e invece servono ancora 78 autorizzazioni per aprire una gelateria e 64 per una falegnameria». Sì, perché l’altra faccia della medaglia è l’immobilismo dell’amministrazione capitolina.

L’IMMOBILISMO
Mentre il sindaco di Milano, Beppe Sala, sta esercitando tutta la moral suasion per riportare i dipendenti negli uffici, a Roma le organizzazioni del commercio e di tanti segmenti del mondo produttivo lamentano l’assenza di risposte da parte del Campidoglio. A cominciare dalla richiesta di tagliare di alcuni balzelli locali. Come la Tari, a Roma tra le più alte d’Italia. L’unica concessione di Raggi è stata una sospensione fino a settembre. Un congelamento, nulla più. Con la beffa del maxi-acconto finale, peraltro, perché le cartelle da saldare entro il 30 di questo mese saranno maggiorate rispetto alla classica rata semestrale, dato che terranno conto dei servizi (o meglio, disservizi...) di Ama per 9 mesi anziché 6. L’altra mossa che ha fatto inviperire i commercianti del Centro è stata la riattivazione della Ztl, la zona a traffico limitato in cui di norma si entra solo col permesso: era stata aperta a tutti all’inizio del lockdown, ma da lunedì le telecamere si sono riaccese. «Perché richiuderla ora, se il cuore di Roma è ancora un deserto?», si chiedono i negozianti. Sembra mancata, su tutto, una visione, la capacità di attrarre imprese da fuori, come prometteva enfaticamente il progetto “Fabbrica Roma”, lanciato da Raggi nel 2017. Invece si è visto poco o nulla, fatta eccezione per qualche ditta di monopattini, i bicicli green che da maggio hanno invaso il Tridente, spesso in modo scompigliato. «Di tutto quello che abbiamo chiesto all’amministrazione, non abbiamo ottenuto nulla - dice Valter Giammaria, presidente della Confesercenti - L’unica cosa: l’aumento dei tavolini per bar e ristoranti. Ma se poi non ci sono i clienti, a cosa serve? Rischia di essere un palliativo davanti ad una crisi senza precedenti».

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