«Ti porto al cimitero, ti violento e ti faccio a pezzi così ti mangiano i cani». Nel letto dell’ospedale “Santa Maria Goretti” di Latina dove è ricoverata da lunedì, Rita Di Mario, presidente dell’associazione di volontari “L’Arca di Rita” che da anni accudisce cani randagi a Nettuno, ricorda la terribile minaccia e racconta la storia di una violenza cieca che poteva avere esiti drammatici: sequestrata sul proprio furgone a Nettuno e massacrata di botte da un cittadino bulgaro di 35 anni che aveva lavorato per lei e che ha tentato di spezzarle il collo.
Strangolato il cagnolino
Per manifestare le sue intenzioni non ha esitato a strangolare e uccidere il chihuahua della donna.
LA GENEROSITÀ
E pensare che il rapporto tra Rita Di Mario e il suo aguzzino era iniziato in ben altro modo.
«Aveva una cagna che stava male - ricorda la donna - l’ha portata da noi e l’abbiamo curata. E’ quindi entrato in confidenza con la nostra associazione e a quel punto la madre ha chiesto se potevamo impegnarlo qualche ora. Lo abbiamo fatto con piacere anche perché i volontari per una struttura come la nostra servono sempre». Ma ben presto il comportamento del 35enne è mutato. Prima gentile, poi sempre più oppressivo, aggressivo, violento. Una condizione accentuata dal fatto che spesso era ubriaco. «A quel punto – continua Rita Di Mario - gli ho detto che non poteva più stare nella nostra associazione».
IL TERRORE
Da quel momento è iniziato l’incubo. «Lo trovavo spesso che dormiva davanti all’entrata dell’associazione - spiega - mi seguiva con il motorino, mi minacciava. Mi sono anche rivolta ai carabinieri che lo hanno diffidato ad avvicinarsi, ma non c’è stato niente da fare». Fino ha lunedì quando la donna si è recata a Nettuno per cercare aiuto presso i frati del Santuario. «Volevo un sostegno, un consiglio - aggiunge - ho parlato con loro e mi hanno detto di tornare quando ci fossero state le riunioni del gruppo di ascolto. Uscita dalla chiesa l’ho trovato davanti al furgone, mi aveva seguito con il motorino. L’ho pregato ancora una volta di lasciarmi stare e di andare via; sembrava l’avessi convinto, ma quando ho messo in moto è entrato di prepotenza nel mezzo mettendosi al volante».
Per la donna è iniziato il peggiore degli incubi durato 15 chilometri, fino a Campoverde. «Durante il tragitto mi ha preso a pugni e schiaffi – riprende il racconto - mi ha morso le dita, me le ha storte, ha strangolato il cagnolino. Arrivata a Campoverde mi sono gettata dal furgone, lui ha bloccato il mezzo, è sceso e mi è saltato addosso cercando di cavarmi l’occhio destro dall’orbita, provando anche a spezzarmi il collo. Poi è arrivato quel carabiniere altrimenti sarei morta».