Rifiuti, no di Ama ai ricorsi anti-Tari: «Colpa dei romani»

Rifiuti, no di Ama ai ricorsi anti-Tari: «Colpa dei romani»
di Lorenzo De Cicco e Pier Paolo Filippi
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Sabato 17 Agosto 2019, 09:37 - Ultimo aggiornamento: 11:10

I sacchetti della spazzatura che tracimano dai cassonetti? Lo slalom sui marciapiedi tra il pattume fetido? Colpa (anche) dei romani. E dunque, niente rimborso della Tari. È questa in sostanza la linea di difesa dell'Ama, la partecipata del Campidoglio che in queste settimane di crisi dei rifiuti si prepara a fronteggiare le lettere di protesta dei cittadini che vogliono riavere indietro i soldi delle bollette. Soldi sborsati per un servizio che, nei fatti, non c'è o non c'è stato. A qualcuno è già arrivata una risposta in carta bollata dalla società comunale.
Una chiusura netta all'ipotesi del rimborso, che traspare fin dalle prime righe: «Non risultano sussistenti i presupposti per l'applicazione della richiesta di riduzione tariffaria». Motivo? «Eventuali e occasionali criticità», scrive la municipalizzata, «sono da ricollegare non alle attività svolte dall'Ama quanto, piuttosto, a contingenti problematiche connesse all'intero ciclo di gestione dei rifiuti, nonché, in alcuni casi, al non corretto conferimento dei rifiuti medesimi da parte dell'utenza».

Insomma, sarebbero i romani a sbagliare quando gettano l'immondizia, perché l'Ama è convinta di aver fatto tutto a regola d'arte. Senza colpe. C'è scritto ancora nelle lettere spedite a luglio: «Ama è costantemente impegnata a garantire il continuo e regolare svolgimento del servizio di raccolta». Le «criticità», invece, sono responsabilità di altri. A partire «dall'utenza».
I RECLAMI
Utenza che però si lamenta, eccome. E a ragione. L'anno scorso, prima ancora che la crisi si acutizzasse con i disservizi record di giugno e luglio, ai centralini della partecipata erano arrivate 550.666 chiamate di protesta. Il 45% in più dell'anno prima. Solo nelle settimane dell'emergenza, si è arrivati a sfiorare i 100mila reclami. Che in parte si stanno tramutando in richieste di rimborso. Quasi 2mila i cittadini che stanno aderendo, tra il Codacons (da solo conta 500 richieste) e i vari comitati civici e di quartiere. «In 400 ci hanno contattato per i ricorsi, i nostri legali sono al lavoro», spiega Emma Amiconi, della rete Tutti per Roma. All'Ama è già arrivato un antipasto con oltre 200 richieste di indennizzo notificate.

La linea della società, però, è quella del niet. «Abbiamo ricevuto tutti una risposta uguale alla nostra class action, ma andiamo avanti», spiega Maria Teresa De Bellis, sul gruppo Prati in azione. Ama sa che servirà altro per smorzare le proteste. Un mese fa è stato allestito un pool speciale per provare a domare l'onda delle cause, per guidarlo è stato assoldato Mario Cicala, ex presidente della Sezione tributaria della Cassazione. «Comprendiamo i disagi, ma non è accettabile che qualche associazione minacci una class action», ha spiegato la presidente di Ama, Luisa Melara. Sarebbe a rischio «la sostenibilità economica della gestione dei servizi», ha fatto sapere l'ad Paolo Longoni.

L'APERTURA
Pensare che il Campidoglio, invece, ha aperto alla possibilità dei rimborsi. Il presidente della Commissione Bilancio, il grillino Marco Terranova, su queste colonne il 17 luglio aveva dichiarato: «Quando c'è un diritto, il diritto si rispetta, è un segnale di sensibilità istituzionale. Sui rifiuti dobbiamo recuperare la situazione d'emergenza e tenere la città pulita, in asse con le altre istituzioni. Ma credo siano necessari anche segnali istituzionali». Come il rimborso? «Sì, assolutamente», diceva l'esponente 5 Stelle che guida la Commissione Finanze. Ma all'Ama, evidentemente, sono di diverso avviso.

 

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