Rifiuti, ritorno alle discariche per la mancanza di impianti a Roma

Rifiuti, ritorno alle discariche per la mancanza di impianti a Roma
di Lorenzo De Cicco
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Giovedì 10 Gennaio 2019, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 08:49

Appelli a comprare «pannolini tessili riutilizzabili», per buttarne il meno possibile nei cassonetti. Incentivi per chi offre «prodotti alla spina», così non si sprecano bottigliette. Una settimana dopo il rogo che ha incenerito l’impianto di trattamento del Salario mandando definitivamente in crisi la gestione dell’immondizia a Roma, la giunta di Virginia Raggi pittava, in una memoria, le nuove «modalità di acquisto e consumo che contribuiscono alla riduzione della produzione dei rifiuti».

Come se l’uso forsennato di assorbenti riciclabili o di una birra spillata anziché bevuta in lattina, potesse davvero portare a una svolta, davanti ai cassonetti che da un mese, ormai, traboccano di pattume, semplicemente perché nessuno ha voluto trovare un’alternativa a Malagrotta, la grande discarica smantellata cinque anni fa, sotto la minaccia di una sanzione milionaria dell’Unione europea.

I VETI
Il paradosso di questo ecologismo senza sbocchi - sì al riuso dei pannolini, no agli inceneritori di qualunque tipo, vecchio mantra 5 stelle - è che Roma rischia di ritrovarsi, un’altra volta, con una discarica. Si torna insomma al vecchio modello, alla logica della “grande buca”, come quella di Malagrotta appunto, dove per trent’anni gli amministratori di ogni colore hanno seppellito la spazzatura dell’Urbe, tra le proteste di chi abitava nei dintorni. Proteste che hanno subito ripreso nerbo, da Cerveteri a Ladispoli, ai quattro municipi amministrati dai grillini, ora che si torna a parlare di discariche nella Capitale o nell’hinterland, con tanto di piantina delle 7 «aree idonee» spedita dai tecnici dell’ex Provincia di Roma, governata da Raggi, al ministero dell’Ambiente e alla Regione Lazio, che sulla vicenda avrà l’ultima parola.

Se si torna alla casella di partenza è perché dal 1 ottobre 2013, quando l’ultimo camion dei netturbini ha lasciato Malagrotta, nulla si è mosso. Il piano regionale dei rifiuti non viene aggiornato da sei anni, come se la discarica fosse ancora lì a ingoiare sacchetti. In Campidoglio i grillini governano dall’estate del 2016 e da allora non hanno fatto che sbandierare il loro no ai termovalorizzatori. «Tecnologie obsolete», le definisce la sindaca. «Tecnologie modernissime, in grado di abbattere l’inquinamento», ha ribattuto l’altro ieri, su queste colonne, Filippo Tortoriello, il leader degli industriali del Lazio, raccontando di avere «visitato di persona i termovalorizzatori tedeschi, che gettano fuori un’aria più pura di quella normale. E a Copenaghen, dove c’è uno degli impianti più avanzati al mondo, ci sono ristoranti, la gente ci scia sopra».

Pensare che la stessa Ama, la municipalizzata dei rifiuti capeggiata da un manager nominato dal M5S, a luglio ha suggerito, a sorpresa, di riattivare l’inceneritore di Colleferro, tanta è la “fame” di rifiuti che si prevede nella Capitale. Ma è la Regione, guidata dal dem Nicola Zingaretti, in questo caso, a non essere d’accordo, perché il sindaco di Colleferro è del Pd.

DIFFERENZIATA AL PALO
Il Campidoglio sostiene che anche se si facesse, un inceneritore sarebbe inutile, perché tempo due anni la raccolta differenziata a Roma galopperà oltre il 70%. Ma non è chiaro come si arriverebbe a un aumento così massiccio con un margine di tempo così risicato - oggi la differenziata è al 45% e negli ultimi due anni è aumentata di 3 punti scarsi... - né si capisce dove finirebbe comunque il 30% di scarti indifferenziati che in ogni caso, anche nel più ottimistico degli scenari, continuerebbe a essere prodotto.

Anche al Ministero dell’Ambiente, dove Sergio Costa ha il merito di avere messo attorno a un tavolo i fronti opposti di Regione (Pd) e Comune (M5S), sono convinti che un impianto per lo smaltimento - che sia una discarica temporanea di servizio, magari piccola, o un termovalorizzatore - comunque serva alla città di Roma. «Un impianto per l’indifferenziato va previsto», ragionavano ieri al dicastero di via Colombo. Pure se la differenziata dovesse miracolosamente schizzare di 25 punti in meno di due anni come promesso dalla giunta pentastellata. La Pisana lo ha già detto e, nel suo piano rifiuti, lo scriverà: «Alla città metropolitana di Roma serve una piccola discarica di servizio». Ma dove? In quale delle 7 aree segnalate dai tecnici provinciali? «Lo deciderà il Comune», sostenevano ieri in Regione. «No tocca a loro, non è nostra competenza», replicavano in Campidoglio. Mentre nelle strade, accanto ai bidoni stracolmi, dopo i topi, si sono rivisti i cinghiali. 
 

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