Raggi pro-discarica perde la piazza M5S: la battaglia di Roma

Raggi pro-discarica perde la piazza M5S: la battaglia di Roma
di Simone Canettieri
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Lunedì 13 Gennaio 2020, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 08:17

 «Siamo in un territorio massacrato dai rifiuti: ci hanno fatto credere che chiudevano Malagrotta, invece l’industria intorno funziona ancora, ed è gravissimo. Ci troviamo di fronte a politici che fanno sempre l’opposto di quello che dicono». Le parole - testuali - sono di Virginia Raggi. Aprile del 2014, vigilia delle Europee, l’allora consigliera comunale d’opposizione del M5S per strappare applausi facili davanti a Beppe Grillo, sceso a comiziare davanti alla discarica più grande d’Europa da poco chiusa, non fece sconti a nessuno. Per la soddisfazione dei residenti di questo quadrante di Roma che poi la voteranno, due anni dopo, in blocco. Un tripudio. «Virginia, salvaci tu, solo tu puoi farlo».

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LA REALTÀ 
Adesso, come nelle peggiori delle nemesi, le parole di Raggi riemergono dal web con il ditino puntato, soprattutto dopo la manifestazione di sabato scorso. In migliaia infatti si sono dati appuntamento a Monte Carnevale per dire «no» alla discarica di servizio che il Campidoglio ha deciso - con tanto di delibera firmata il 31 dicembre - di far nascere qui, poco distante da Malagrotta. 
Raggi, ormai figura istituzionale a tutto tondo, predica «responsabilità» a quel pezzo di Movimento che le rinfaccia le promesse al vento, le battaglie insieme, il come eravamo, ah che tempi quei tempi. 
Perché l’altro giorno, a dar manforte alle proteste, sono apparsi anche due consiglieri comunali (Daniele Diaco e Simona Ficcardi) e due presidenti di municipio in quota M5S (Silvia Crescimanno e Monica Lozzi) pronti a tutto - comprese le dimissioni già annunciate - per impedire questa «violenza» a chi è nato, cresciuto «e morto» con i miasmi di Malagrotta. E che adesso potrebbe rivedersi passare davanti al naso i camion che sversano i rifiuti in questa nuova, grande buca. 

Una rivolta grillina che vede in prima fila anche Roberta Lombardi, capogruppo regionale del M5S nel Lazio, e il deputato Stefano Vignaroli, presidente della commissione Ecomafie. Raggi è consapevole che scegliere un sito - dopo aver battagliato con la Regione a colpi di ordinanze per non scegliere - è comunque un modo per scontentare qualcuno. E in queste ore accoglie con sollievo lo stop dell’Enac a questa nuova discarica «perché ci sarebbero rischi per la sicurezza degli aerei». Ma ormai dal canto suo ribadisce che la «decisione politica è stata presa» e che però, adesso, spetterà ai tecnici dire il sì o no definitivo. In caso negativo si ricomincerà da capo e ci sarà sempre un pezzo di Roma pronta a opporsi, con sollevazione grillina annessa: «Ma come: noi eravamo quelli del no!».

LA SCELTA
Ed è in questo labirinto che la sindaca prova a muoversi, fuori dagli slogan e dalla protesta («Signori, il vento sta cambiando!») che la portarono lassù, su uno dei colli capitolini. Nel frattempo il menù propone: fuoco amico (Lombardi: «Con che faccia mi ripresento da quelle persone?»), erosione del consenso («E’ infattibile: basta con le pistole puntate alla tempia») e noie varie. Con la destra e la sinistra che gongolano. Tutti pronti - e qui la storia si ripete - a cavalcare la tigre della rabbia e dello sconforto con promesse a buon mercato. La sindaca, alla prese con l’arte del governare, si ritrova così dall’altra parte della barricata. Convinta che la maggioranza dei consiglieri la sostenga (la giunta è tutta con lei). Per gli Amarcord non c’è più tempo, con buonapace del grillismo e di quel comizio del 2014.
 

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