Rifiuti, scontro sul bilancio: ora l'Ama rischia il commissariamento

La sede dell'Ama in via Calderon de La barca
di Francesco Pacifico
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Lunedì 30 Settembre 2019, 10:27

L'extrema ratio per uscire dall'impasse sul bilancio 2017 di Ama è un commissario per la municipalizzata. Ipotesi tecnicamente complessa da costruire, ma l'idea sta girando al ministero dell'Ambiente. Vuoi perché le parti in causa - l'azionista cioè il Comune e il cda dell'azienda - non recedono dalle loro posizioni: gli amministratori vogliono svalutare 18,3 milioni di euro per l'erogazione di servizi cimiteriali tra gli anni 2006 e 2011 e Palazzo Senatorio che - come già durante la gestione Bagnacani - non vuole che siano svalutati questi crediti e per questo continua a non approvare il consuntivo. Vuoi soprattutto perché da un mese il sindaco Virginia Raggi non riceve e ha chiuso ogni contatto con la presidente Luisa Melara, l'amministratore delegato Paolo Longoni e il direttore operativo Massimo Ranieri. Prossimi alle dimissioni.

Roma, battaglia sui conti Ama: il nuovo Cda già verso l’addio

Il ministero dell'Ambiente, in teoria, non ha competenze dirette sull'azienda di proprietà del Campidoglio, ma in pratica deve uscire dall'imbarazzo di mediare politicamente (e senza risultati) tra un sindaco Cinquestelle (Raggi) come l'attuale ministro e un presidente di Regione (Nicola Zingaretti) che è segretario del secondo partito di governo. Sergio Costa - che dalla sua ha soprattutto l'arma della moral suasion - avrebbe mandato segnali al Comune di Roma per risolvere velocemente il nodo del bilancio.
Questa mattina Zingaretti prorogherà, a meno che Costa non lo convinca diversamente, soltanto per 14 giorni l'ordinanza che impone agli impianti di trattamento e di raccolta del Lazio di prendere quanta più immondizia da Roma. Domani andrà deserta l'assemblea di Ama, che avrebbe dovuto votare il bilancio, perché l'azionista - il Campidoglio - ha fatto sapere attraverso un comunicato stampa che «non approverà mai un bilancio che sia redatto in maniera non corretta e contenga valutazioni di trattamento contabile già in precedenza non avallate dal Comune». Due colpi molto duri per l'autorevolezza e per la libertà di movimento degli attuali vertici.

A via Calderon de la Barca Melara, Longoni e Ranieri si sono chiusi in un religioso silenzio. Da quel che trapela ci sarebbe - nella logica del simul stabunt simul cadent - sia un patto tra i tre per legare i loro destini sia la volontà di resistere. Ma è chiaro è che se il Comune chiedesse al Cda di modificare il bilancio, la loro unica via d'uscita sarebbe quella delle dimissioni. Di certo c'è che domani - anche per prendere tempo in questa partita a scacchi - risponderanno alla nota del Comune scritta la scorsa settimana dal direttore generale, Franco Giampaoletti, nella quale si fa presente sia che quei crediti non possono essere iscritti tra le svalutazioni sia che Palazzo Senatorio attende «la definizione delle soluzioni tecniche al fine di giungere al superamento di quanto rappresentato». Nella replica, probabilmente firmata dalla presidente Melara, si farà presente che è ancora in corso una due diligence su quella voce contabile come prevede una delibera del febbraio 2019. E che fino alla conclusione dell'istruttoria l'Ama resterà sulla sua posizione, forte dei pareri favorevoli del collegio sindacale e del revisore contabile.
Soltanto le dimissioni del Cda potrebbero sbloccare la partita. In Comune - vuoi per motivi di natura politica vuoi per tutelarsi dal punto di vista giuridico - sono fermi sulla loro posizione. Senza contare che è sempre più logoro il rapporto con amministratori che nell'ultimo mini-piano industriale appena approvato hanno proposto due misure insostenibili per il Campidoglio: l'abbassamento del livello della raccolta differenziata (al 50 per cento entro il 2021) e l'istituzione di centri di trasferenza in città.
 

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