Roma, uccise i due figli nel carcere di Rebibbia. il pm: «Assolvetela, era incapace di intendere»

Roma, uccise i due figli nel carcere di Rebibbia. il pm: «Assolvetela, era incapace di intendere»
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Martedì 24 Settembre 2019, 12:34 - Ultimo aggiornamento: 14:42

«Assolvetela». Questa la richiesta del pm Eleonora Fini per Alice Sebesta, la detenuta che uccise i suoi due figli scaraventandoli dalle scale della sezione nidò di Rebibbia. L'accusa si appella al 'vizio totale di mentè ma prima di decidere il giudice preliminare ha deciso di far valutare al perito Fabrizio Iecher lo stato permanente- o meno - della condizione di pericolosità sociale della donna. Sarà lo psichiatra a recarsi al Rems di Castiglione delle Stiviere (Mantova) dove Alice Sebesta è ospite per una visita e poi ritornerà a metà novembre in aula davanti al gup per illustrare gli esiti dei suoi accertamenti.

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Si dovrà attendere il prossimo dicembre per avere la sentenza che deciderà la sorte della detenuta tedesca che uccise i due figli, scaraventandoli dalle scale della Sezione nidò del carcere romano dove era ristretta per spaccio di droga. Ma già oggi un passaggio fondamentale c'è stato. Il pm Eleonora Fini, infatti, ha chiesto al gup Anna Maria Govoni di disporre l'assoluzione della donna certificandone in sentenza il 'vizio totale di mentè. Era il 18 settembre 2018 quando la detenuta tedesca aspettò che le altre detenute si mettessero in fila per il pranzo, si avvicinò alle scale della sezione nido del carcere romano e scaraventò giù i suoi due figli: la bimba di 6 mesi morì sul colpo, il maschietto di poco più di due anni morì qualche giorno dopo.

«Sono una buona madre, sono consapevole di quello che ho fatto. Volevo liberare i miei figli, avevo paura della mafia e li volevo proteggere. Ero impaurita dalle cose che leggevo sui giornali»,disse durante l'interrogatorio di convalida dell'arresto. La vicenda nel tempo si è arricchita di alcuni passaggi importanti. Innanzitutto fu fissato un incidente probatorio al fine di valutare le capacità d'intendere e volere della donna, nonché la sua pericolosità sociale. Gli esiti della prima perizia furono: Alice Sebesta era da considerarsi capace d'intendere e volere al momento del fatto, anche in considerazione della «deliberata assunzione di sostanza stupefacente in dose massiva per un mese prima del fatto reato».

 


Conclusione, questa, che andava in direzione opposta a quella cui era giunto il consulente del Pm che si era espresso per la totale incapacità. A inizio anno, la procura chiese e ottenne dal gip di sostituire il perito in questione. E si arrivò alla nomina dello psichiatra Fabrizio Iecher, il quale concluse che Alice Sebesta «è affetta da un disturbo schizoaffettivo di tipo bipolare» e al momento dei fatti «era totalmente incapace di intendere ma sufficientemente in grado di volere». Insomma due perizie contrastanti. Ora la parola passa al giudice.

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