Rapina in villa e al Golf club, sgominata la banda dei rom. Marina Lanza: «Non sembravano dei nomadi»

Sei arresti per i due colpi ad Aprilia e a Roma: il basista era il domestico

Rapina in villa e al Golf club, sgominata la banda dei rom. Marina Lanza: «Non sembravano dei nomadi»
di Giovanni Del Giaccio e Lucilla Quaglia
6 Minuti di Lettura
Mercoledì 3 Novembre 2021, 22:41

Quando il domestico si era tolto la vita, all’arrivo dei carabinieri, si era capito subito che aveva avuto un ruolo nella rapina di pochi mesi prima. I militari del reparto territoriale di Aprilia avevano già stretto il cerchio su quanto accaduto alla tenuta “Fattoria del campo”, la tenuta dei coniugi Lanza, un tempo utilizzata anche come golf club. Il suicidio del 9 marzo scorso, nella dependance della villa in località Campo di Carne - dove furono ritrovati anche armi e droga - è stata una conferma di quello che aveva fatto Supun Dawatage per la banda entrata in azione l’11 luglio del 2020. In quell’occasione il gruppo ad Aprilia prese i 300 euro dalla borsa della signora, circa 6.000 euro nascosti tra i documenti dello studio del marito, ma si fece anche dare le chiavi dell’auto e quelle della casa di Roma, in zona Parioli, dove avrebbero portato via gioielli e soldi dalla cassaforte per oltre 20.000 euro.

 
A dire il vero, i militari avevano già messo insieme diverse tessere del mosaico ed erano giunti ad avere un quadro completo grazie all’attività investigativa e alle ingenuità commesse dalla banda. A partire dall’uso smodato dei telefoni cellulari intestati ai componenti, arrestati ieri nel corso dell’operazione “Oasi”, dal nome che aveva il golf club.


Sono personaggi noti alle cronache, componenti di una banda Rom che potrebbe aver messo a segno altre rapine, e sono entrati in azione prima ad Aprilia - dove hanno legato e poi rapinato Paolo Lanza e la moglie, Marina Tugnoli - quindi nell’abitazione dei coniugi a Roma. Dove andarono con l’automobile delle vittime, successivamente incendiata ad Acilia.

 
GLI ACCERTAMENTI
Percorsi e ruoli sono stati ricostruiti dagli investigatori dell’Arma e sono divenuti oggetto della richiesta di ordinanza cautelare da parte del pubblico ministero della Procura di Latina, Daria Monsurrò e firmata dal giudice delle indagini preliminari Giuseppe Molfese. I carabinieri avevano a disposizione le immagini e l’audio captato da una telecamera presso la villa, ma anche il sistema gps in dotazione alla Mercedes di Lanza, nonché il traffico telefonico delle “celle” nell’area dove si è consumato il delitto.

Partendo dalla mole di chiamate tra due numeri poi risultati appartenenti ai rapinatori, il primo - Argentino Esposito - rimasto nella tenuta di Aprilia e l’altro - Cemp Debarre - diretto a Roma, insieme a Romolo Esposito e Angelo De Colombi, come riscontrato dalle immagini video.

È emerso anche che Argentino Esposito aveva contattato con insistenza l’utenza di Kasun Mihindukulasuriya, anch’egli arrestato ieri e, come il custode, originario dello Sri Lanka. Nell’ordinanza di custodia sono riportati - in base ai tabulati di “celle” agganciate dai telefoni - tutti gli spostamenti della banda. La sera della rapina, per esempio, i numeri erano tutti nella zona di Campo di Carne e una telefonata proprio del custode ha informato del rientro dei coniugi nella tenuta.

Da ieri Romolo Esposito, 69 anni, di Vetralla (Viterbo) Angelo De Colombi, 38 anni, di Fiumicino e Cemp Debarre, 36 anni, anche lui di Vetralla sono in carcere. Ai domiciliari Argentino Esposito, 35 anni, nipote di Romolo, di Vetralla, Baidami Rendzep, 33 anni, originario della Macedonia ma residente a Montefiascone e Dinusha Mihindukulasuriya, 33 anni residente a Roma. Per tutti l’accusa è di concorso in rapina aggravata, sequestro di persona e incendio. 


LE INTERCETTAZIONI
Il custode si tradisce con la madre, sentita dai carabinieri di Aprilia, invitandola a raccontare una versione uguale a quella fornita da lui dell’accaduto.

La donna è ignara del ruolo del figlio, dice «ma io ne ho visto solo uno di rapinatore» e lui «devi dire che erano due, forse non ricordi ma erano due». Lo stesso custode concorda e ironizza con la donna «e quando li trovano i banditi». Non immaginava che avessero già capito tutto.

Marina Tugnoli Lanza

«Non ci posso credere. Non lo sapevo». Marina Tugnoli Lanza, ex presidente dell’Oasi Golf Club di Campo di Carne, ora tenuta agricola, apprende dal Messaggero che i militari della Sezione Operativa del Nucleo operativo radiomobile del Reparto Territoriale di Aprilia hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, nei confronti di sei persone di etnia Rom: tre in carcere e tre agli arresti domiciliari.

Soggetti ritenuti responsabili, a titolo diverso, dei reati di rapina, sequestro di persona aggravato e danneggiamenti. I sei risultano tutti legati da vincoli di parentela. Il provvedimento cautelare scaturisce a conclusione dell’indagine scattata dopo la violenta doppia rapina dell’11 luglio 2020, presso l’ex Oasi e le proprietà romane dell’imprenditrice.

«Mi sorprende – dice la Lanza – che i sei siano di etnia rom. Mi ricordo benissimo che parlavano perfettamente italiano. Ma forse erano da tempo integrati nel tessuto sociale italiano».

 
Il 9 marzo scorso quello che poi è risultato il basista della rapina, si è tolto la vita nel corso di una perquisizione. Non avevate mai notato nulla di strano nel suo comportamento? 
«Con noi è sempre stato molto educato e lavorava bene. Aveva la madre e la sorella in Italia. E una moglie con figlio in Sri Lanka, a cui mandava regolarmente dei soldi. Quando ci hanno chiamato e ci hanno detto che si era suicidato, sono rimasta malissimo».


Lei si divideva, con suo marito, tra Roma e Aprilia. Avvertivate il guardiano prima del vostro arrivo in tenuta? 
«Sempre. E forse questo, con il senno del poi, gli concedeva il tempo giusto per disfarsi del materiale illegale. Solo negli ultimi mesi avevo notato un cambiamento nel carattere che forse attribuivo alla mancanza della moglie e del figlio. Inoltre, quando arrivavamo ad Aprilia, scoprivamo che i nostri cani spesso erano scappati. Ora che ce ne occupiamo personalmente, la cosa non capita certo più. Probabilmente i cani disturbavano le manovre collegate a movimenti di droga o altro. E solo dietro nostre insistenze il cingalese alla fine li andava a cercare e li riportava a casa».


In che senso aveva notato un cambiamento nel suo carattere? 
«Era più scontroso. Adesso tutto ciò lo attribuisco all’uso di droga, che altera di molto la personalità. Evidentemente, come emerso dalle indagini, aveva iniziato a frequentare gente poco raccomandabile, pregiudicati che lo hanno condotto su una brutta strada».


Come lo avevate assunto? 
«A distanza di tanto tempo non ricordo bene. Forse ce lo ha indicato qualcuno ad Aprilia e noi ci siamo fidati di questo consiglio, mai immaginando a cosa saremmo andati incontro».


Ha conosciuto la moglie?
«Non ha mai lasciato lo Sri Lanka. Segno che i rapporti tra i due non erano poi molto buoni. La mamma e la sorella sono tornate, in questi mesi, all’ex Oasi, per riprendersi le cose di proprietà del cingalese. Ma ora è tanto che non le vediamo».

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