Racket bancarelle a Roma, i favori dei funzionari: biglietti per lo stadio, polo firmate e mazzette

Racket bancarelle a Roma, i favori dei funzionari: biglietti per lo stadio, polo firmate e mazzette
di Michela Allegri e Giuseppe Scarpa
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Giovedì 24 Settembre 2020, 06:38 - Ultimo aggiornamento: 14:33

ROMA Vestiti griffati, orologi, l'abbonamento gratis per vedere allo stadio la squadra del cuore e un fiume di soldi. Era questo il prezzo per i favori dei funzionari del Campidoglio finiti in carcere e ai domiciliari per essersi messi al servizio della lobby degli ambulanti più potenti di Roma: la famiglia Tredicine, Dino e Mario in particolare. Ma tra i clienti dei pubblici ufficiali c'erano anche i sindacalisti che si sarebbero dovuti occupare del rispetto delle rotazioni nel commercio su strada e un gruppo di venditori che si era reinventato riscossore: la banda estorceva denaro ai colleghi con minacce e violenza secondo un tariffario variabile descritto dalle vittime: 2.500 euro al mese per i periodi di basso lavoro, 4.000 sotto le festività. Ma per i banchetti in centro il prezzo arrivava anche a 700 euro al giorno.

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«HO UN PENSIERINO PER TE»: TANGENTI IN UFFICIO
Anche favori di Alberto Bellucci, ex dirigente dell'Ufficio Rotazioni del Comune ora in carcere, e del suo braccio destro Fabio Magozzi - ai domiciliari -, avevano un prezzo. Il primo avrebbe ricevuto, oltre a più di 100mila euro, anche «la promessa di un orologio, un giubbotto, una maglietta polo» griffata. E pure un abbonamento per vedere la Roma allo stadio e tanti «pensierini», cioè denaro in contanti. Quando Giovanni Zappalà - uno dei commercianti ai domiciliari - incontra Bellucci nel suo ufficio nel maggio 2018, le parole captate dalle cimici e le immagini registrate dalle telecamere piazzate dalla Finanza sono eloquenti: Zappalà vuole posizionare i suoi banchi in postazioni più vantaggiose. Prende dalla tasca dei pantaloni un oggetto «che si ipotizza possa trattarsi di un insieme di banconote», annota il gip, e lo lascia cadere sulla scrivania di Bellucci. «Tié questa cosa è per te», dice. Il funzionario afferra il pacchetto e lo mette nel cassetto della scrivania. Poi i due parlano dei posteggi. A fine giornata Bellucci, prima di lasciare l'ufficio, apre il cassetto e sembra contare le banconote. Poi, prende il portafoglio e inserisce all'interno il contenuto del pacchetto. Alla fine dice: «E la pratica è clamorosamente sistemata». Sembrano chiare le parole intercettate di un sindacalista indagato che, riferendosi al funzionario, dice: «Finché c'è Alberto la categoria non trema».
 

 


GLI ORDINI DELLA LOBBY AL FUNZIONARIO
I favori dei funzionari, invece, sono tantissimi e vengono fatti soprattutto agli esponenti della famiglia Tredicine. Con Dino e Mario i contatti di Bellucci sono frequenti, c'è un rapporto di confidenza e di amicizia. Ci son incontri a casa e al bar, durante i quali il funzionario si presenta munito di timbri e documenti sottratti dall'ufficio. Il 5 giugno 2018, per esempio, Dino Tredicine e Bellucci si accordano per la consegna, al di fuori dell'orario di servizio, dei turni di lavoro. «Buonasera dottore», dice il commerciante; «domani te porto quei turni», risponde il pubblico ufficiale. Come già fatto altre volte, Bellucci aspetta di rimanere solo in ufficio e, dopo aver compilato alcuni atti, li nasconde in una borsa «per poi e incontrarsi con Tredicine e consegnare» tutto quanto, annota il gip. Tredicine non ha freni: in qualità di componente della segreteria della Fivag Cisl, sfrutta il pubblico ufficiale «per introdursi sia fisicamente che metaforicamente nel Dipartimento», si legge nell'ordinanza, e si fa informare «sugli orientamenti politici, sulle riunioni, sugli atti». La sua influenza è fortissima, tanto che il 7 giugno 2018, dopo avere esortato Bellucci a lavorare - «datte da fà» - si vanta di avere conosciuto il nuovo direttore del Dipartimento, «è entrato e l'ho salutato da lì... s'è fatto tutta la sala e m'è venuto a salutà, capito? Gli ho detto pure che una sera andiamo a cena». E Bellucci: «Ma tanto lo sa che io ve conosco, non te preoccupà». Anche Mario Tredicine dà ordini: «Quella parola de conferenza levala», dice al funzionario che sta compilando una circolare.

SIM INTESTATE A STRANIERI: «USALA SE MI CHIAMI»
Anche se il timore di essere scoperti è tanto, portare avanti gli affari è più importante. Quindi Dino Tredicine, nel gennaio 2018, propone a Bellucci di usare un sim dedicata, intestata a un bengalese, per evitare le intercettazioni. «Se devi fare le chiamate a qualcuno», dice, e salva il suo contatto. E quando Bellucci replica che «non c'era bisogno», il commerciante risponde: «È meglio, Albè, lascia perde». E in effetti, nel febbraio 2019 tutto il gruppo viene perquisito - alcuni indagati avevano nascosto le mazzette nella cappa della cucina, sotto la cyclette, in un pianoforte - e il problema di Tredicine è quello di costituirsi un alibi per i contanti che hanno trovato a casa. Il gip descrive «gli scomposti tentativi di occultare quanta più documentazione possibile depositandola in box, cantine o locali, o mettendola in un furgone, o dietro una parete in muratura». Il giudice cita una conversazione di Dino col figlio Dario: «Se vanno a vedè tutto quanto il sistema potrebbero ritornà e dimme: L'altra roba addò ce l'haì?». E il figlio risponde: «Glielo dimo a Virgilio, da qualche parte se mette dentro ai garage». E il padre replica: «Sennò se potrebbe piglià un furgone in affitto a nome di qualcuno». In un'altra conversazione il figlio dice: «Digli a mamma che levasse subito i soldi dalle buste, perché sembra che sò bustarelle».

PRESSIONI IN CAMPIDOGLIO: «È SALTATO L'ASSESSORE»
Le pressioni negli uffici comunali non arrivano solo da Dino e Mario, ma anche dal terzo fratello Tredicine, Alfiero, già presidente del sindacato Apre Confesercenti, che però non è indagato. Il 28 novembre 2018 si presenta in ufficio da Bellucci per parlare della decisione che il Dipartimento dovrebbe assumere su un progetto che riguarda il centro storico. Il direttore del dipartimento ha indetto una conferenza di servizi e Tredicine non l'ha presa bene: «Se questi poi decidono una cosa sbagliata che facciamo?». Quindi minaccia il funzionario e gli ricorda di aver già fatto cacciare i precedenti assessori al commercio perché a lui ostili: «Non la fate quella cosa perché ve faccio un casino». Un episodio che, per il gip, dimostra come «tutti i componenti della famiglia Tredicine esercitino un potere di intimidazione nei confronti di esponenti della pubblica amministrazione e della politica locale, vantandosi spavaldamente delle ritorsioni già andate a buon fine all'evidente scopo di intimidire».

«QUEL POLITICO PUÒ FARE: QUALCOSA PER NOI»
Dagli atti emerge che la banda degli ambulanti avrebbe cercato anche una sponda con la politica, soprattutto attraverso Vittorio Baglioni, all'epoca segretario provinciale della Fivag Cisl. Circostanze sulle quali dalle indagini non sono emersi riscontri, tanto che nessun politico è indagato. Anche i Tredicine sostengono di avere contatti. Il 12 giugno 2018 Mario dice a Baglioni di avere parlato con un avvocato che sarebbe stato chiamato a lavorare nel Gabinetto del ministero del Lavoro, «un giorno dovemo andà a pranzo io te e lui... è rappresentante su Roma Regione e tutto quanto, può fare qualcosa nei nostri confronti, capito?». Il gip, comunque, sottolinea come Baglioni si applichi per «offrire ai Tredicine i propri servigi». Sostiene di poter raggiungere un consigliere della Regione Lazio e prospettando addirittura la possibilità di arrivare direttamente al ministro Lorenzo Fontana. Parla anche del senatore William De Vecchis, con il quale vanterebbe «un credito politico» dovuto «a un bacino di voti portato alle ultime elezioni». Baglioni sostiene di poter arrivare anche al presidente della commissione commercio del Comune di Roma, Andrea Coia. Kamal Asaad, uno degli ambulanti arrestati per le estorsioni, propone addirittura «di convincere Coia anche attraverso la dazione di regali, secondo una prassi evidentemente già in uso», sottolinea il gip.
 

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