Dalla prima fase di accoglienza temporanea, gestita dalla Protezione civile regionale, a quella stabile in mano alla Prefettura: inizia la cosiddetta “fase 2” del piano di aiuti per i profughi ucraini fuggiti dalla guerra. Ieri a palazzo Valentini si è tenuta una riunione operativa a cui, nei prossimi giorni, ne seguiranno delle altre per fare il punto su come garantire un futuro a chi è fuggito senza alcuna certezza e da più di un mese vive ormai negli hotel che si sono messi a disposizione dell’emergenza. Una soluzione, quella degli alberghi, temporanea a cui deve seguire un’accoglienza più strutturata con servizi specifici: dal supporto psicologico alla mediazione culturale. Ed ecco allora che le direttrici per non lasciare circa 3 mila profughi senza soluzioni autonome, “ostaggio” negli hotel, sono tre: usare alcuni dei beni confiscati alla criminalità organizzata, trovare strutture da adibire a Cas, centri di assistenza straordinaria in provincia, e chiedere alle strutture alberghiere che già hanno accolto ma che sono fuori dal circuito turistico e dunque situate in periferia se vogliono commutare l’assistenza entrando anch’esse nella “fase 2”.
Roma, profughi ucraini ospiti in hotel, è rivolta: «Ora i posti servono per i turisti»
LE DIRETTRICI
Per quanto riguarda i beni confiscati già oggi inizieranno i sopralluoghi in una quindicina di strutture che potrebbero ospitare un centinaio di profughi.
LA RIPRESA
E proprio le strutture alberghiere intanto, almeno quelle che rientrano nel circuito turistico ma anche perché hanno capienze e spazi che si prestano, stanno puntando sul settore congressuale per mantenere il trend di ripresa sancito nelle festività pasquali. L’obiettivo è quello di accentrare a Roma grandi eventi ma anche tutti quei congressi «circa un migliaio» conteggia il presidente della Federalberghi Giuseppe Roscioli «che sono saltati nell’anno corrente in Russia a causa della guerra. È un settore, quello congressuale, molto interessante e oltre a cui stanno guardando anche Francia e Germania». Questo, sommato al risultato pasquale «un 55% di presenze sul 2019» conteggia Roberto Necci, vicepresidente di Federalberghi, potrebbe sul lungo termine fare la differenza. Già i risultati iniziano a vedersi: rispetto al periodo di bassa stagione quando la Capitale contava «circa 450 hotel chiusi - conclude Necci - oggi siamo scesi a 320-330 strutture ancora inattive».