Procuratore di Roma, il Csm riparte da zero: convocati 13 magistrati

Procuratore di Roma, il Csm riparte da zero: convocati 13 magistrati
di Valentina Errante
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Venerdì 20 Settembre 2019, 09:03 - Ultimo aggiornamento: 09:33


ROMA Si riparte da maggio. Il Csm prova a riavvolgere il nastro e a lasciarsi alle spalle i quattro mesi più difficili che abbia mai vissuto. Si riparte da dove tutto era cominciato: la nomina del procuratore di Roma, che non potrà avvenire prima di dicembre. Ma senza i consiglieri coinvolti nel risiko delle toghe, intercettati, con i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri, mentre mettevano a punto le strategie per pilotare le nomine. La delibera della commissione incarichi direttivi, approvata lo scorso 23 maggio, che aveva ristretto la rosa dei candidati al Pg di Firenze Marcello Viola, al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo e a quello di Palermo, Francesco Lo Voi, è stata annullata. Su quell'atto si erano allungate le ombre dell'inchiesta che ha portato all'iscrizione sul registro degli indagati del pm Luca Palamara (accusato a Perugia di corruzione) e tirato in ballo cinque consiglieri di Palazzo dei Marescialli, portandoli alle dimissioni. Anche il nome dell'ex pg della Cassazione, Riccardo Fuzio, è finito sul registro degli indagati. L'ultimo addio è di mercoledì: il togato di Magistratura Indipendente Paolo Criscuoli, si è dimesso. E adesso si può ricominciare.

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LA NOMINA
Si riapre l'istruttoria per la nomina del procuratore di Roma: così ha deciso la Commissione presieduta ora da Mario Suriano (Area), subentrato all'ex consigliere Luigi Morlini (uno dei dimissionari). E il primo probabile passo sarà la convocazione di tutti i tredici magistrati che a febbraio avevano presentato la loro candidatura. Non ci saranno solo Viola - il magistrato che consiglieri e politici intercettati sponsorizzavano, suo malgrado - e le altre due toghe entrate nella rosa, ma in minoranza, cioè Creazzo e Lo Voi. Ci saranno anche i capi delle procure di Siena (Salvatore Vitello, che intanto è stato candidato dalla maggioranza per dirigere la procura di Torino), Frosinone (Giuseppe De Falco), Velletri (Francesco Prete), Ravenna (Alessandro Mancini) e Campobasso (Claudio Di Ruzza), e i Pg di Salerno Leonida Primicerio e Lecce Antonio Maruccia. E ancora: Cuno Tarfusser, vicepresidente della Corte penale internazionale e Giuseppe Corasaniti, capo del Dipartimento Affari di Giustizia al ministero di via Arenula. Formalmente si deciderà la prossima settimana se ascoltare tutti i concorrenti in audizione, ma sembra quasi scontato che si proceda in questo modo. Sia perché già la volta precedente le audizioni dei candidati erano state sollecitate (inutilmente) dal vice presidente David Ermini, che si era fatto portavoce di un auspicio del capo dello Stato. Sia perché il Csm è ora chiamato a garantire la massima trasparenza sulle sue scelte, con regole chiare, se vuole recuperare la credibilità che ha perso, come ha ricordato appena qualche giorno fa proprio Ermini, richiamando il monito rivolto dal Mattarella nel pieno della tempesta.

GLI SCENARI
È possibile che i tre i candidati della rosa precedente siano meno favoriti, proprio perché tutti, in qualche modo, finiti al centro della lotta tra toghe, a loro insaputa. E così i giochi potrebbero riaprirsi. Ad avere più chance sarebbe allora Michele Prestipino, aggiunto di Giuseppe Pignatone prima a Reggio Calabria e poi a Roma, e attuale reggente dell'ufficio. Molto dipenderà dalle elezioni previste per il 6 e il 7 ottobre, per sostituire due consiglieri della categoria pm. L'addio di Criscuoli, però, apre paradossalmente un'altra grana. L'unico che potrebbe subentrargli è il giudice Bruno Giangiacomo, ma la sua stessa corrente (Area) vorrebbe che rinunciasse. Su Giangiacomo penderebbe infatti un procedimento disciplinare. Se lo facesse, dovrebbero allora essere indette nuove elezioni. E le nomine future, inutile dirlo, dipenderanno anche dai nomi (e dalle correnti) dei consiglieri entranti. Soprattutto a fronte di una contrapposizione sempre più forte che vede da un lato Mi, il gruppo più indebolito dalle dimissioni dei togati, e dall'altro Area, la corrente di sinistra che non è stata coinvolta nello scandalo.

 

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