Ponte Marconi deserto, un silenzio assordante

Ponte Marconi deserto, un silenzio assordante
di Francesco Apolloni
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Sabato 18 Aprile 2020, 10:20

È da più di un mese che mi sveglio tutti i giorni come fosse domenica mattina.
L'unica differenza è che, non c'è più la mia fidanzata.
Ieri era il giorno del suo compleanno, appena alzato dal letto, le ho preso un uovo di Pasqua c'ho messo sopra due belle candeline, e da youtube ho cliccato su una delle sue canzoni preferite, Discobambina', quella di Heather Parisi. Lei mi sorride e insieme felici cantiamo: È la favola/la superfavola/ Bambina bambinaaa/
Dopo un ora entra in stanza piangendo, mi dice che ha nostalgia del suo ex e preferisce andar via. Devo aver sbagliato qualcosa. Ma forse sono solo gli effetti della quarantena.
Sono fuori dal portone di casa di un bel palazzo di Viale Parioli. Da quando ci abito vedo tanti anziani e filippini che portano a spasso i cani. Ora, invece, siamo tutti ai domiciliari.
Oggi però ho una missione da svolgere: devo portare la spesa a mia madre che vive a Viale Marconi con mio padre malato di Parkinson. Ho tutto: guanti, mascherina, autocertificazione. Mi accompagna il mio cagnolino: Sancho Panza.
Penso «la macchina è rotta, la vespa pure, la fidanzata m'ha lasciato, sta a vede' che c'ho pure er coronavirus!»
IL TEST
Un amico dottore ha lo studio qui vicino, so che ha i test sierologici. Passo da lui. Faccio il test. Negativo. Almeno una buona notizia. Affitto una bicicletta con Jump, metto Sancho nel cestello. Attraverso la città: da Via Veneto scendo verso Piazza Venezia, Via del Teatro Marcello, la Bocca della Verità, l'unica volta che la vedo senza turisti che fanno la fila. La bellezza di Roma, deserta e sospesa, illuminata da questo sole quasi estivo, mi stordisce. «Forse tutto questo è solo un sogno, da cui presto ci risveglieremo tutti». Lungotevere Testaccio, Piazzale Della Radio ed eccomi finalmente arrivato a Viale Marconi. È impressionante vedere Viale Marconi - sempre così piena di gente - ora semivuota, con bar e negozi chiusi. Il silenzio è quasi assordante, poche automobili, qualcuno che porta a spasso il cane. Taglio per Via Enrico Fermi. Al Bar Fermi si riunivano i ragazzi della Banda della Magliana, da piccolo volevo essere come loro, perché li vedevo sempre vestiti eleganti, parcheggiare Kawasaki e Honda.
CAPPUCCINO E GIORNALE
Mi fermo a Via Cesare Arzelà, faccio la spesa all'alimentari Santececca, come richiestomi da mia madre. Le porto la spesa in Via Silvestro Gherardi, la saluto per sicurezza, a distanza.
Mamma mi ringrazia mi lancia un bacio e si congeda dicendomi: «Sai mi mancano tante le piccole cose, il cappuccino al bar mentre leggo il giornale, i pranzi con te e Sancho. Speriamo che questo incubo finisca presto».
Cammino con Sancho su Lungotevere Pietra Papa che inizia da Ponte Marconi: è quasi deserto. Una volta qui ci giocavamo a pallone con gli amici, oggi è diventato un parcheggio.
Si vede la facciata della splendida Basilica di San Paolo, in fondo laggiù spicca il Gazometro. L'aria di solito pesante e inquinata è limpida e respirabile. Una donna urla, qualcuno la sta picchiando. Un passante? Un marito? Non lo so. Subito arrivano le forze dell'ordine a placare la lite.
SANCHO E I CANI
Incontro una senzatetto con dei cani, Sancho inizia a giocare con i suoi. Mi dice di chiamarsi Mina: una volta era un architetto, lavorava per il Comune, parliamo cordialmente. La seguo, a distanza, sotto il lungotevere che è diventato una discarica di immondizie. «Guarda che è bello qui, ce stanno un sacco di specie di piante, ma non senti gli odori diversi? Vie' con me te faccio vede' na cosa».
Una piccola baracca sul ciglio del fiume, lei la chiama, la sua villetta. Mi chiedo come faccia a vivere qui, di inverno, con il freddo, le piogge, le piene del Tevere.
Mina mi dice che «la gente pensa solo a i soldi, al potere, sapessi quante ne ho viste io al Comune. A me piace stare con i cani e in mezzo alla natura non me serve niente». Il virus pare lontano, visto da qui, ora.
Mi guardo intorno e anch'io in quella discarica scopro qualcosa di bello. Le offro dei soldi; Mina li rifiuta, ma una cosa me la chiede: «Ce l'avresti qualche scatoletta per i cani?» Ne ho comprate quattro dall'alimentari: le do tutte a lei, volentieri. A Sancho, poi, ci penserò.
Ritorno in bicicletta a casa, prendo Viale Ostiense, quasi all'angolo con Via Giulio Rocco, vedo una libreria aperta. Entro. Mi trovo in mano un libro di Luis Sepúlveda, Il potere dei sogni' e dietro la copertina leggo : «Sogniamo che un altro mondo è possibile e realizzeremo quest'altro mondo possibile». 

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