Roma, piazze "chiuse" e consegne a domicilio: lo spaccio ai tempi del coronavirus

Roma, piazze "chiuse" e consegne a domicilio: lo spaccio ai tempi del coronavirus
di Camilla Mozzetti
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Mercoledì 1 Aprile 2020, 12:15 - Ultimo aggiornamento: 13:13

I bracieri di via Corinaldo – quelli dove i pusher di San Basilio gettano la droga all'arrivo delle “guardie” - da un mese hanno smesso di ardere. In strada non si sente più il grido “Levate! Levate!” delle vedette che bloccano il sistema quando i lampeggianti di polizia e carabinieri arrivano a illuminare quest'angolo oscuro di Roma. Ma questo non significa che lo spaccio nella Capitale si sia preso una “pausa” nei giorni dell'emergenza da coronavirus. Chi deve vendere la droga lo fa ancora perché la porzione di chi la deve acquistare è rimasta pressoché invariata. Il Covid-19 non ha messo in stand-by gli affari delle tante organizzazioni criminali che operano nel mercato degli stupefacenti. A ridursi solo gli assuntori "occasionali" quelli del weekend e delle serate nei locali.

La cocaina, l'hashish, la marijuana e pure l'eroina continuano a essere vendute perché i tossico-dipendenti, pur costretti anche loro alla “quarantena”, non sono andati in astinenza. Semplicemente è cambiato il sistema “delle piazze di spaccio”: formalmente “chiuse” al pubblico degli acquirenti, ora la droga si consegna a domicilio con un sistema di “delivery” che procede a ritmo spedito.

Le 100 piazze di spaccio nella Capitale

In via di San Vitale – sede della Questura di Roma – la sintesi è chiara: «Lo spaccio nelle piazze tradizionali di Ostia, San Basilio, Tiburtina e Quarticciolo ha subito un cambiamento, si è riorganizzato adattandosi al momento di emergenza», spiega un investigatore. «Da queste zone la droga “viaggia” attraverso dei fattorini che la consegnano laddove viene richiesta, annullando la compravendita in loco». Unica eccezione, Tor Bella Monaca: «Qui il sistema della piazza di spaccio continua nelle classiche modalità essendoci in questo territorio la compresenza di venditore e acquirente anche se il volume di affari ha subìto una riduzione rispetto a qualche mese fa».

Tuttavia nel resto della città i pusher – per lo più tossici che vengono sempre pagati a giornata e rimborsati della benzina spesa - salgono in macchina o a bordo dei motorini, portano in tasca un solo cellulare dei modelli più vecchi. Le comunicazioni avvengono con un'unica utenza che indica dove prendere la droga e a chi consegnarla. Molteplici sono i viaggi (anche dalla periferia al pieno Centro) che vengono garantiti nell'arco di 24 ore perché i pusher portano con sé dosi minime «il classico cinquino ad esempio» in modo tale che «se vengono fermati durante un controllo è difficile procedere con l'arresto».

E pur tuttavia non sono mancati i numeri in questo ultimo mese. La polizia ha sequestrato più di 150 chili di stupefacenti, (129 kg di hashish, 17,4 kg di marijuana e 1,6 kg di cocaina) quasi 40mila euro in contanti e in pezzi piccoli arrestando 54 persone. A titolo esemplificativo, sabato scorso i “Falchi” della Squadra Mobile hanno arrestato un iraniano dopo che durante un controllo in strada era stato trovato con poche dosi di metanfetamina. L'anomalia? In tasca aveva un quantitativo spropositato di denaro (circa 2mila euro) e da qui è scattato il controllo nella sua abitazione che ha permesso agli agenti di rinvenire ulteriori 14 grammi di “Shaboo” e 84 grammi di oppio.

Ovviamente la droga che si vende deve prima arrivare. I canali di distribuzione restano sempre gli stessi anche se sono stati affinati i modi per occultarla giacché proprio sulle strade di Roma è aumentata la presenza delle forze dell'ordine per far rispettare le misure anti-Covid-19. Solo qualche giorno fa gli agenti della VII sezione Antidroga della Squadra Mobile hanno arrestato un italiano che in un doppiofondo della propria auto aveva nascosto 110 chili di hashish. Ma lo aveva fatto in maniera “sofisticata”. I 1.093 panetti che sul mercato avrebbero fruttato più di mezzo milione di euro erano stati nascosti nel vano “airbag” ma scovarlo e aprirlo non è stato così semplice. Per arrivare al vano bisognava seguire una ingegnosa sequenza di operazioni: a motore acceso, era necessario premere il pulsante dello sbrinatore del lunotto posteriore e contemporaneamente pigiare una vite posta sotto lo sterzo e l’accendisigari e, solo a questo punto, un dispositivo elettronico avrebbe sbloccato lo sportello dell’airbag consentendo l’accesso al doppiofondo utilizzato per il trasporto degli stupefacenti.

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