Pizza, biscotti, pasta e verdura: a piazza Bologna i pacchi della solidarietà appesi in strada

Edmond Prenga lascia buste di generi alimentari per chi ne ha bisogno fuori dal suo negozio inì via Lorenzo il Magnifico
di Pier Paolo Filippi
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Sabato 4 Aprile 2020, 11:38 - Ultimo aggiornamento: 11:42

Il miracolo si compie ormai da due giorni. Intorno alle 8,30-9 del mattino, una fila di buste della spesa piene di generi alimentari compaiono sui colonnotti in metallo che delimitano i marciapiedi. Sono lì, appese e disponibili per chiunque ne abbia bisogno, per tutti quelli ai quali il Coronavirus ha portato via non solo la libertà di uscire di casa ma anche la possibilità di mettere insieme il pranzo con la cena. Siamo vicino a piazza Bologna, esattamente in viale Lorenzo il Magnifico all’incrocio con via Giovanni da Procida, dove il cuore dei commercianti, tutti immigrati in Italia, ha dato vita a un’iniziativa di solidarietà con la collaborazione dei cittadini che sta commuovendo tutto il quartiere.
«Le persone stanno soffrendo, è giusto da parte nostra dare una mano in questo momento così difficile, così quando ho visto in televisione la scena del cesto dove chi può mette e chi non può prende ho pensato di cominciare anche io», dice Jamal, 38anni egiziano, titolare del minimarket Magnifico. Da 8 anni è in Italia e abita qui vicino. La mattina, appena apre bottega, Jamal prepara le buste. Dentro ci infila due pacchi di pasta e di biscotti, oppure qualche bottiglia di pomodoro, scatolame. L’essenziale insomma per cucinare un pasto, poi rientra e in negozio e si mette dietro al banco a lavorare. A fornire altri prodotti per completare il pranzo ci pensano anche la frutteria e il forno che si trovano rispettivamente accanto e di fronte al minimarket di Jamal. Nella prima lavora Tamer, un giovane ragazzo, anch’egli egiziano. Anche qui ogni mattina, prima di riordinare i banchi, si fa una selezione di frutta e verdura e si preparano le buste da appendere. «Dentro ci mettiamo un po’ di tutto: pomodori, zucchine, carote, arance – racconta Tamer – Cerco di cambiare prodotti così da offrire a chi ne ha bisogno anche la possibilità di scegliere qualcosa».
Chi passa a prendere le buste, però, non può ringraziare. Non perché non ci sia riconoscenza, ma perché sono gli stessi commercianti a evitare che accada.
«Non mi piace vedere e farmi vedere da queste persone, non voglio che provino vergogna – continua Tamer – Poi, veramente, non c’è niente di cui ringraziarci, per noi è un dovere in questo momento tremendo per tutti». Al pane alla pizza, invece, ci pensa Edmond, il titolare del forno Bon Pan. Ha 39 anni, è qui dai primi anni Novanta, arrivato con il grande esodo dall’Albania verso l’Italia. E come il primo ministro del paese balcanico, Edi Rama, anche Edmond dice di non dimenticare «chi ci ha accolti dandoci una possibilità di rifarci una vita». Oltre che sui colonnotti, le buste del suo forno vengono appese anche sul muro esterno del negozio accanto all’ingresso. «Noi le vediamo le persone che prendono i prodotti. Non sono senzatetto, non sono gli immigrati che girano intorno alla stazione Tiburtina. Sono persone normali, molti sono italiani, hanno una casa dove dormire ma non riescono più a comprare da mangiare per loro e loro figli», spiega Edmond, che indossa una t-shirt con la scritta Andrà tutto bene, comprata per contribuire a una raccolta fondi per lo Sallanzani. Ieri, ad esempio, è passato un ragazzo, di solito compera le cose qui da noi. È entrato e con lo sguardo un po’ imbarazzato ci ha chiesto se poteva prendere qualcosa: è stato terribile.

Vorremo fare di più, questo è il momento di darci tutti una mano l’un l’altro». Insieme ai commercianti, anche i residenti contribuiscono. «Anche noi, almeno chi se lo può permettere, compriamo qualcosa da lasciare per preparare le buste – spiega Lucia, una cliente del forno - È un’iniziativa bellissima, che ci rende orgogliosi e ci fa sentire più vicini. 

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