Roma, «Approvare subito il piano sugli sprechi alimentari»: associazioni protestano contro il Comune

Roma, «Approvare subito il piano sugli sprechi alimentari»: associazioni protestano contro il Comune
di Stefania Piras
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Giovedì 15 Ottobre 2020, 17:41 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 11:52

Che fine ha fatto la delibera sulla Politica del Cibo di Roma Capitale? Boh. Chiusa in un cassetto e dimenticata. Per questo le 50 promotori tra associazioni, aziende, docenti universitari e ricercatori che avevano cominciato il percorso amministrativo con il Campidoglio chiedono che sia approvata subito approfittando di una importante ricorrenza: il 16 ottobre, la giornata mondiale dell'Alimentazione, istituita dall'Onu (FAO) per agire contro la fame e la malnutrizione e per occuparsi del sistema alimentare globale.

Una food policy capitolina sarebbe auspicabile, ribadisce una delle associazioni che ha avviato la campagna: Terra!. L'obiettivo di tutte le associazioni che formano il Consiglio del cibo è l'approvazione del Piano Cibo, ma la delibera è ferma da un anno. La rete, che riunisce il mondo produttivo e la società civile impegnata nella promozione e nello studio dei sistemi alimentari sostenibili, è nata il 16 ottobre dello scorso anno con il lancio di una proposta di politica del cibo che rafforzi l’agricoltura romana, le filiere corte, i mercati territoriali e riduca gli sprechi alimentari.

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Perché a Roma? Perché nella Capitale ogni anno vanno al macero 29 mila tonnellate di cibo. I dati su cosa e come si mangia a Roma sono eloquenti. Il 40% del cibo che arriva proviene dal Sud Italia, il 20% dal Nord, il 15% dall’estero e un buon 25% direttamente dall’Agro romano e dalle campagne laziali. L’agricoltura nel Lazio è un comparto ancora molto maschile, dove la scolarizzazione è medio-bassa e l’età avanzata, la digitalizzazione non raggiunge il 20%.

E però crescono le esperienze di agricoltura sociale e biologica, anche se non arrivano al 5% del totale. Nonostante questo, e qui si possono osservare le potenzialità della Capitale, il made in Lazio rappresenta una quota del 68% sulla bilancia agroalimentare complessiva della regione e una quota di circa il 2,6% sul totale del made in Italy. Inoltre la nostra regione vanta 27 prodotti agroalimentari riconosciuti a indicazione geografica e 36 vini tra DOC, IGT e DOCG.

Anche a Roma la sensibilità sulla genuinità di quel che si porta a tavola è cresciuta. Esempio: la Capitale è prima in Italia per negozi specializzati in alimenti biologici in cui però non è sempre garantito il km zero. La filiera corta non è sempre presente nemmeno nei 127 mercati rionali capitolini (sono in tutto 100 i coltivatori diretti), che ospitano circa 2.500 operatori dell’agroalimentare su quasi 5.000 postazioni. Qui però sono solo un centinaio gli agricoltori che fanno vendita diretta. 

La promozione di una consapevolezza del cibo toccherebbe ambiti nevralgici di Roma, basti pensare al bando triennale per la refezione scolastica che vale da solo 350 milioni di euro per un totale di 144 mila bambini. In dieci anni sono stati serviti quasi 139 milioni di pasti. 

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Ma l'amministrazione capitolina sembra aver dimenticato questo tema. «Nei dodici mesi trascorsi, le richieste del Consiglio del Cibo sono state raccolte da maggioranza e opposizione che hanno approvato nelle Commissioni Ambiente e Commercio una delibera in cui si gettano le basi per dotare Roma metropolitana di una Food Policy - dichiarano i membri del Consiglio del Cibo - Tuttavia, sono mesi che chiediamo di approvare in aula questo provvedimento condiviso, ma le risposte non arrivano più». Eppure, la pandemia di Covid-19 ha mostrato come Roma abbia sofferto duramente delle difficoltà di accesso al cibo delle fasce più fragili della sua popolazione.

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Per il Consiglio del Cibo serve, oggi più che mai, «una politica del cibo che rafforzi i legami tra campagna e città, fra produzione e consumo, tra cibo e salute, migliorando tutti i canali di accesso al mercato per gli agricoltori del territorio e di accesso a un cibo di prossimità per i consumatori». «Roma ha iniziato un cammino per mettersi al pari - spiega il Consiglio del Cibo - ma lo ha interrotto inspiegabilmente. Se c’è l’unità di intenti che abbiamo riscontrato, non vediamo il motivo per perdere altro tempo».  Il primo punto da affrontare secondo le associazioni è «garantire l’accesso a un cibo sano e giusto, senza sprechi: è fondamentale potenziare la quota di prodotti locali nella refezione collettiva, aumentare l’educazione alimentare, sostenere con fondi pubblici la filiera della solidarietà e le esperienze di economia solidale come GAS, piattaforme di distribuzione alternativa, mercati contadini. Inoltre, va messa fine agli sprechi alimentari favorendo la redistribuzione delle eccedenze tramite il sostegno diretto al lavoro oggi in carico ad associazioni e volontari»

«Manca soltanto il voto dell'Assemblea Capitolina per dotare Roma di una delibera sulla politica del cibo. Eppure, nonostante l'unità di intenti fra maggioranza e Partito democratico, da mesi non sappiamo più nulla di questo provvedimento», afferma in una nota il consigliere capitolino del Pd Giovanni Zannola. 

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