Peste suina, a Roma altre 14 carcasse di cinghiali. «Il contagio forse dai rifiuti»

Peste suina, a Roma altre 14 carcasse di cinghiali. «Il contagio forse mangiando dai rifiuti»
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Lunedì 9 Maggio 2022, 19:17 - Ultimo aggiornamento: 20:47

Nell'area di Roma sono state trovate 14 carcasse di cinghiali morti. Lo ha detto all'Ansa il commissario straordinario per la peste suina, Angelo Ferrari, che ha specificato di essere ancora in attesa degli esami necessari per stabilire un eventuale colegamento delle morti con il virus. «Spero non al di là del Grande raccordo anulare, perchè semplificherebbe le attività», ha aggiunto. In merito all'origine della malattia, i dati epidemiologici finora raccolti «depongono a favore di una origine diversa dai casi di Liguria e Piemonte», con i quali non sembrerebbero legati, «come quella alimentare dovuta ai rifiuti».

Peste suina, due nuovi casi sospetti a Roma. La Regione: via agli abbattimenti selettivi dei cinghiali

 

Roma, 14 carcasse di cinghiali morti

Per i casi di Roma sembrerebbe dunque lontana dunque l'ipotesi di un'origine dovuta «al trasporto umano» del virus attraverso il calpestamento di terreno, ovvero che l'uomo sia stato vettore della malattia.

Peste suina, scoperti oggi altri due casi sospetti nel Lazio

Nel Lazio scoperti altri due probabili casi di peste suina africana. «Dai primi riscontri delle analisi dei prelievi effettuati sui cinghiali - ha spiegato l'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato - emergono con alta probabilità altri due casi di positività su 16 campioni prelevati».

Entrambi i ritrovamenti fanno riferimento all'area del caso zero, il parco dell'Insugherata di Roma, decretata zona rossa già da sabato scorso da un'ordinanza della Regione Lazio.

Domani, invece, si terrà un punto in Campidoglio con i Municipi su ulteriori azioni da mettere in campo, per evitare la diffusione del virus.

«A livello di Municipio abbiamo già fatto un lavoro di mappatura dei parchi per individuare i punti dove fuoriescono i cinghiali e dotarli di recinzioni - ha spiegato la presidente della commissione ambiente del Municipio Roma XV, Egle Cava, interpellata da Agenzia Nova -. Abbiamo anche già provveduto alla schermatura della revisione sui cassonetti, oltre che alla chiusura dei punti di accesso all'area urbana - ha proseguito Cava -. L'intervento della Regione si sovrappone a un lavoro che già stavamo portando avanti, visto che ci sono dei Municipi più esposti al problema come il nostro. Ci sarà anche da valutare la problematica dell'abbattimento e smaltimento delle carcasse».

Intanto per contenere il virus il provvedimento del governatore Nicola Zingaretti ha disposto una «zona infetta provvisoria», con controlli serrati e divieto di assembramenti, inclusi picnic, e una «zona di attenzione». La regione Lazio, dunque, ha vagliato le prime misure: sorveglianza rafforzata dei cinghiali, campionamento degli animali moribondi, analisi delle carcasse e smaltimento in sicurezza. All'interno dell'area, segnalata da appositi cartelli, è vietato organizzare eventi, con la raccomandazione di disinfettare gli abiti all'uscita. Per Roma Capitale è previsto anche l'obbligo di installare ogni forma utile di recinzione intorno ai cassonetti della zona, ottimizzandone il posizionamento, e il divieto di avvicinamento e alimentazione ai cinghiali.

Fuori dalla zona rossa, invece, la regione Lazio ha identificato l'istituzione di una «zona di attenzione», estesa al territorio dell'Asl Roma 1, a ovest del fiume Tevere. Qui è prevista la ricerca attiva delle carcasse di cinghiali, la chiusura dei varchi di accesso dal versante nord della zona infetta, divieto di caccia e di dare da mangiare agli animali.

Peste suina, i pericoli per l'uomo

La diffusione della peste suina a Roma comporterebbe pesanti ripercussioni soprattutto sul comparto produttivo della carne, oltre che per la salute degli animali stessi. L'infezione, infatti, oltre a condurre al decesso dell'animale in tempi rapidissimi, può sopravvivere in ambiente esterno fino ad un massimo di cento giorni, resistendo per diversi mesi all'interno di salumi o alle alte temperature.

«La malattia non è trasmissibile agli esseri umani», ha tenuto a precisare l'ordinanza regionale, che ha tuttavia previsto il censimento di tutte le aziende, sia commerciali sia familiari, che detengono suini ricadenti nella zona rossa o limitrofe, per limitare il rischio di diffusione della malattia tra maiali e cinghiali. Ora «proseguono tutte le attività previste dall'ordinanza regionale e i campioni individuati verranno inviati all'istituto zooprofilattico di Perugia per la definitiva conferma» degli ultimi due casi sospetti, ha sottolineato l'assessore D'Amato. «Abbiamo chiesto al ministero di assegnare anche i test di conferma all'istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana per ridurre i tempi degli esiti», ha concluso l'assessore.

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