Albano, il barbiere di Wojtyla racconta: «I suoi capelli fili d'oro, facevo la barba a un Santo»

Silvio Ferrante, 75 anni, di Albano, era il barbiere personale di Karol Wojtyla quando il Papa era a Castel Gandolfo
di Karen Leonardi
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Martedì 12 Aprile 2022, 09:04

La riga laterale a sinistra, le basette molto alte e un ciuffo appena accennato. Papa Wojtyla, uno dei giganti del Novecento, ci teneva ad avere i capelli sempre in ordine. Così, in estate, se li faceva tagliare anche due volte al mese. «Santità, come la facciamo la sfumatura?». Di quei momenti speciali Silvio Ferrante, 75 anni, una vita passata a lavorare nella sua bottega di Albano, barbiere di fiducia di Giovanni Paolo II nella fase finale del pontificato, ricorda tutto. La prima volta che varcò il monumentale portone del Palazzo Pontificio, a Castel Gandolfo, e si affacciò nell’appartamento privato del pontefice venuto dalla Polonia, arcivescovo a Cracovia all’inizio del tramonto del comunismo, era a fine estate, nel settembre del 1998. Un incontro che gli ha segnato la vita. Da quel giorno fino al 2005 - quando Karol Wojtyla, il più amato tra tutti gli ultimi pontefici, si spense al termine di una lunga malattia - il “figaro” dei Castelli tornava regolarmente nella residenza di villeggiatura dei Papi, a tagliare i capelli al Santo Padre venuto dall’Est.
«Aveva una capigliatura vellutata, direi quasi soffice - si lascia andare ai ricordi Ferrante - mi sembrava fatta di fili dorati… Non so spiegarlo bene, ma i suoi capelli non erano normali come tutti gli altri: avevano qualcosa di unico...». L’occasione di questo speciale amarcord, che incrocia momenti della vita di tutti (un taglio di capelli) con quella di una personalità che ha lasciato un’impronta nella Storia, è venuta dall’inaugurazione del Museo dell’Acconciatura a Lanuvio. Ogni estate, non appena il Pontefice lasciava il caldo afoso di Roma e si trasferiva nel borgo castellano, per Silvio Ferrante si rinnovava l’emozione di sforbiciare la “chioma” del papa polacco, scambiando quattro chiacchiere gioviali. «Mi preparavo la valigetta con tutto il necessario - racconta il barbiere che, dopo aver frequentato la scuola per parrucchieri a San Lorenzo a Roma, ha aperto un negozio a Villa Ferrajoli, quartiere di Albano - in particolare un asciugamano in lino color avorio, le forbici e il pennello per pulire il collo dai capelli tagliati... Poi mi avviavo verso il Palazzo... Tutte le volte era come se andassi a ritirare un Premio Oscar, a ripensarci quasi mi vengono le lacrime». Ora lo “scrigno” con i ferri del mestiere è nelle vetrine lanuvine del Museo dell’Acconciatura. Pezzi di una collezione esclusiva, curata dal Collegio dei Parrucchieri, che racconta la storia della cosmesi con 200 articoli, caschi per l’asciugatura, bigodini, parrucche, antichi libri.
Il salto di Silvio a quasi 30 anni fa parla di momenti incancellabili. «Un giorno si presentò nel mio negozio il direttore delle Ville Pontificie senza appuntamento...

Mi prese da parte e sottovoce mi disse che dovevo fare un servizio a domicilio... Pensai subito a qualche sacerdote anziano. Mai e poi mai avrei pensato al Papa in persona, quello che vedevo in tv la domenica alla finestra per l’Angelus… Credevo di aver capito male: sbiancai e dentro di me pensai: “Come lo racconto a casa senza essere preso per pazzo?» La valigetta, il vestito buono e l’accoglienza di una guardia Svizzera sono per il barbiere emozioni indelebili. «Mi accolse in un salone stupendo. Mi ero preparato anche un discorsetto… Ma non riuscii a dirgli nulla. Fu lui, papa Wojtyla, a rompere il silenzio, chiedendomi di parlargli della mia famiglia… Dopo la pettinatura, gli baciai la mano e mi diede due rosai di madreperla. E chi lo dimentica più? Ho avuto l’onore - conclude emozionato il “sor” Silvio - di fare la barba a un uomo unico, diventato addirittura Santo…».

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