Ostia, Camilla la ristoratrice in ginocchio: «In 12 mesi appena 4mila euro. In quella foto pensavo: non riaprirò più»

Ostia, Camilla la ristoratrice in ginocchio: «In 12 mesi appena 4mila euro. In quella foto pensavo: non riaprirò più»
di Maria Lombardi e Mirko Polisano
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Mercoledì 17 Marzo 2021, 07:24 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 10:58

Le padelle vuote, i fuochi spenti, nessuno in sala. Zona rossa tra due giorni. «Volevo mettermi a piangere, quella sera, non ce l'aspettavamo un'altra chiusura. Mi sono seduta e quando ti siedi e inizi a riflettere arrivano i pensieri negativi, non vedi vie d'uscita. In quel momento pensavo alle spese, al mutuo dei miei genitori, dove li tiro fuori i soldi? In quel momento ho pensato: non riapro più». Camilla con la testa tra le braccia, rannicchiata ai piedi della cucina, la divisa da chef inutile come tutto il resto.

 

La mamma non l'ha mai vista così e vuole che vedano tutti, l'urlo silenzioso di Camilla. Scatta la foto e la pubblica su Facebook alle 21,18 del 12 marzo. «In questa tenera, drammatica, eloquente, immagine muta si riesce a cogliere l'angoscia di un'intera categoria», scrive mamma Simona. Una condivisione dietro l'altra. Camilla Moccia, 22 anni, ristoratrice di Ostia, diventa in poche ore il simbolo della terza ondata, del dolore di chi non ce la fa. Come Elena Pagliarini, un anno fa, l'infermiera di Cremona fotografata mentre dormiva sul pc, dopo un turno di notte in ospedale.
Che messaggi hai ricevuto?
«Da lacrime, non me li aspettavo. Incredibile che una semplice foto abbia scatenato tutto questo. Una cliente mi ha scritto: forza Camilla, spero di rivederti presto a impastare le fettuccine a mano. Tantissimi messaggi di ristoratori ma anche di altre categorie».
Ai ristoratori cosa vorresti dire?
«Che essere uniti è la nostra forza, solo così riusciremo a superare questa fase. Dobbiamo restare a testa alta e continuare la nostra battaglia per ripartire più forti di prima. Vorrei che riaprissero tutti, subito. Non posso vedere le attività che muoiono così. Ma tu, Stato, devi aiutarci. Così non possiamo farcela. 
Quanti soldi hai ricevuto finora dallo Stato come ristoro?

«Quattromila euro in tutto, dal marzo del 2020. Siamo rimasti chiusi tre mesi, poi abbiamo lavorato a fasi da ottobre a dicembre, a gennaio solo tre giorni. Ma io ho l'affitto da pagare, 1.100 euro al mese, e il proprietario li vuole tutti. L'altra settimana abbiamo pagato 850 euro di contributi, a maggio dopo tre mesi di chiusura ci è arrivata una bolletta di 600 euro. Volevamo piangere. I miei genitori quando abbiamo aperto il locale, a maggio del 2019, hanno lasciato il loro lavoro».
Il bistrot della pasticciona, in piazza Cesario Console. La pasticciona sei tu?
«Sì sono io, quando lavoravo in un ristorante facevo un poco di danni. E poi ho una concezione particolare della cucina, pasticcio, invento, se devo fare un dolce non peso gli ingredienti e non seguo la ricetta al dettaglio. Improvviso, spesso vengono cose eccezionali».
Qualche tua creazione?
«Una mousse al melone con base croccante. Una sera mi mancavano gli ingredienti e ho improvvisato. È piaciuta tanto, una cliente mi ha detto: ti prego fammene altre 100 di queste».
A chi è venuta l'idea del bistrot?
«A me, dopo l'alberghiero ho lavorato un po' in giro. Poi a 20 anni mi sono sentita pronta per mettermi in proprio: vai Camilla, mi sono detta, sei forte, determinata e molto coraggiosa. Con la mia famiglia abbiamo investito 35mila euro. Mio padre Bruno, di 60 anni, è in cucina con me e prepara i sughi e i condimenti, mamma ne ha 54 e si occupa della sala e dell'amministrazione. La mia specialità è la pasta fatta a mano».
In questi giorni fate asporto?
«Siamo chiusi definitivamente, farò solo asporto di pasta fresca su ordinazione. So che devo fare un chilo di tagliatelle, compro quei prodotti e non butto niente. Con le chiusure a singhiozzo è stato un disastro. Tu mi fai aprire, mi fai comprare le derrate, io investo soldi e dopo una settimana mi fai chiudere. E devo buttare tutto. Anche con lo spazio esterno, stessa storia. Ho speso 4mila euro per la pedana e gli ombrelloni, e ora devo chiudere. Buttati via».
Cosa immagini per il tuo futuro?
«Voglio aprire un secondo ristorante, ma non in Italia.

Adesso ho tanti momenti di scoraggiamento, ma poi passeranno. Il mio fidanzato lavora in una palestra, siamo in una crisi assurda. Lui mi dice: brava, fai sentire la voce dei ristoratori. Io nemmeno volevo pubblicarla quella foto, non mi piace mostrarmi. Mia madre ha insistito, le ho detto ok, tanto la faccia non si vede e nessuno mi riconoscerà. Chi poteva immaginare?».

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