Nonno spara al nipote a Roma, la disperazione della madre: «Perché lo ha portato lì?». Per il piccolo morte cerebrale

Nonno spara al nipote a Roma, la disperazione della madre: «Perché lo ha portato lì?»
di Camilla Mozzetti
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Venerdì 14 Agosto 2020, 07:08 - Ultimo aggiornamento: 07:25

Quando arriva in tarda mattinata al policlinico Umberto I a bordo di un'auto della polizia, con il viso slavato, i capelli cortissimi e una leggera canottiera a coprirle il busto, non conosce la gravità della situazione. Con lei c'è l'altra figlioletta che stringe un peluche a forma di orsacchiotto tra le mani. È spaesata perché sa soltanto che il figlio più piccolo, affetto da autismo, è rimasto vittima di un incidente domestico.
Poi, a poco a poco, alla mamma del bambino, rimasto ferito dal proiettile esploso da una pistola del nonno, viene descritta la situazione. Mentre il figlioletto lotta tra la vita e la morte in sala operatoria la donna viene accompagnata negli uffici del commissariato Fidene dove si trova già il marito e il suocero. «Se non l'avesse portato a Roma, se non l'avesse portato lì tutto questo non sarebbe successo», ha continuato a ripetere lungo il tragitto. Il crollo avviene in serata quando le speranze si assottigliano sempre di più: il bambino è in stato di morte cerebrale.

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LE GRIDA
Allontana l'altra figlia, quasi a volerla proteggere per non farle sentire le parole del medici, ma le sue grida - pur soffocate nelle mani - risuonano tra i corridoi del reparto di Terapia intensiva pediatrica. «È morto? È morto?», continua a domandare ai medici, inseguendoli lungo il corridoio. Da quanto ricostruito dalla polizia la donna sapeva che il marito doveva svolgere alcune commissioni a Roma prima del weekend di Ferragosto e che avrebbe portato il figlioletto con lui ieri mattina, ma pare non sapesse che avrebbero fatto visita al nonno. Forse il papà del piccolo ha pensato, allertando il padre durante il viaggio, di lasciargli per qualche ora il figlioletto in modo da svolgere più velocemente le sue commissioni. «Se non l'avesse portato lì non sarebbe successo niente», ha continuato a ripetere la donna di fronte agli agenti di polizia. «Una famiglia normale» la descrivono alcuni amici. Nonostante qualche piccola difficoltà economica.
 

 


IL QUARTIERE
Intanto nel palazzo di via Val Sillaro a Roma Nord regna lo sgomento. I vicini, quei pochi che sono rimasti nella Capitale e non sono partiti per le vacanze, non hanno parole per descrivere quanto accaduto. E lo stesso nelle piccole attività commerciali ancora aperte vicino al palazzo della tragedia. Dalla parrucchiera al supermarket fino all'elettrauto, pochi metri più in là. «La nonna sta rientrando dal mare, ancora non sa niente ma le assicuro - dice un vicino sul ciglio del portone - che il marito è una persona molto a modo, gentile, è un ex cancelliere, molto riservato ma una persona perbene; sapevamo che il figlio non abitava qui ma non veniva a trovarlo spesso». Sul fatto che avesse delle armi in casa, seppur registrate e con un regolare porto d'armi, l'osservazione: «Forse considerata l'età avanzata - dice un vicino - gliel'avrebbero dovute togliere perché se è vero che il colpo è partito accidentalmente è una tragedia insuperabile».
 

 

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