«Perché non mi sarei dovuta fermare a soccorrere un poveraccio?», la difesa dell'indagata, della sospetta pirata della strada, invece, si è concentrata proprio sulla gravità del gesto contestato. Sulla impossibile freddezza di investire un pedone, centrarlo con il lato sinistro dell'auto, un'utilitaria con un muso piccolo e una visione ampia, e poi tirare dritto, dopo aver fatto marcia indietro giusto perché il percorso era ostacolato dal corpo.
L'AMMISSIONE
Eppure una ammissione la signora l'ha fatta: «Ero io alla guida dell'auto. Quella Smart è mia. Andavo a lavoro. Ho sentito un leggero urto. Ma non ho avuto affatto contezza di aver investito un uomo»; «Nemmeno dopo ho saputo che c'era stato un investimento stradale mortale - ha aggiunto, in presenza di un legale d'ufficio - Purtroppo non ho sentito parlare di questo poveretto, del Nereo di cui mi riferite. Non avrei avuto nessun motivo per non fermarmi e prestare soccorso». La donna era sicuramente sull'auto, riscontri sono in corso per accertare se fosse lei alla guida. Il magistrato titolare dell'indagine, ha dato incarico a dei periti di accertare la sostituzione dei pezzi, a partire dal parabrezza. Ad inchiodare Rosella D.L. ora potrebbe essere proprio il percorso dell'auto ricostruito dagli investigatori. Dal momento dell'impatto col malcapitato clochard alle 4.51, fino al raggiungimento di via Antonio Bertolini, dove la Smart è rimasta per 35 minuti, durante la fuga e anche nella manovra di ritorno a poche centinaia di metri dall'incidente, circa 4 chilometri. La donna probabilmente per non attirare l'attenzione, nonostante, l'auto incidentata, si è recata comunque al lavoro, almeno in due uffici. L'ultimo in via Toscana, dove le indagini si sono chiuse.
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