“I feel this game”. Si intitola così il murale realizzato dall’artista Piskv a Roma per i 75 anni dell’Nba. Una frase che è l’unione tra il motto dell'Eurolega “I feel devotion” e quello della lega americana “I love this game”. Si trova sulla parete di una scuola, l'IC in piazza Winckelmann, poco distante dalla Luiss, e si guarda dall’alto verso il basso. Un’ascesa, una scalata verso il sogno: il titolo del campionato di basket più famoso al mondo. Ma anche un messaggio per tutti i ragazzi che giocano nel campo da minibasket lì vicino: nulla è impossibile. L'opera è dedicata a un ragazzo romano scomparso a 33 anni, Valerio D'Angelo giornalista romano che scriveva per La Giornata Tipo. La National Basketball Association si è imbattuta nella sua storia e ha deciso di raccontarla con “Creators Series", una serie di opere d'arte originali commissionate ad artisti provenienti da tutta Europa. E per l’Italia è stato scelto Francesco Persichella.
Fransceso, come ti hanno contattato?
Il primo contatto è stato l’anno scorso, verso settembre.
Com’è nata l’idea?
Abbiamo voluto scegliere delle figure che potessero raccontare la storia del basket in Italia. Così abbiamo deciso di rappresentare Manu Ginobili e Marco Belinelli come figure principali.
Perché hai scelto loro?
Belinelli è l’unico giocatore italiano ad avere vinto un titolo Nba e con Ginobili raccontano una storia di amicizia: sono cresciuti insieme in Italia, entrambi hanno giocato alla Virtus Bologna, si sono ritrovati nella stessa squadra Nba (i San Antonio Spurs) e hanno vinto anche l’anello. C’è un legame che parte dall’Italia e arriva in America.
Ci sono poi altre due figure nel murales.
È una fotografia in cui ci sono il giornalista Valerio D’Angelo e suo fratello. Era un giornalista romano della Giornata Tipo, uno dei più affermati nel basket internazionale. Ha intervistato molti giocatori tra Europa e America, inoltre aveva una collezione di canotte invidiabile. Ha poi scritto il libro che dà il titolo al murale “I feel this game”: è il mix tra due frasi: una dell'Eurolega “I feel devotion” e l’altra il motto dell’NBA “I love this game”. L'immagine rappresenta due ragazzi che giocano e sognano. La gente che passa magari non sa chi sono, però non è importante.
Come avete scelto il posto?
È una parete di una scuola, l'IC in piazza Winckelmann, ed è un quartiere caro a Valerio, dove abita il fratello. La sua zona nativa. Lì vicino c’è poi un campo da minibasket. Volevamo che il murales fosse visto dai ragazzi che giocano a basket. Non solo lasciare qualcosa alla città e celebrare la lega.
Uno dei tre palloni è diverso, quale motivo?
Da un lato i professionisti, dall’altro i ragazzi che giocano. E poi sono tutti allineati dal basso verso l’alto per creare una linea immaginaria verso il trofeo.
Hai realizzato tre murali a Roma: uno a San Lorenzo, l’altro di Kobe Bryant al PalaTellene. In questo hai cambiato stile?
Il murales è sempre molto legato allo studio del contesto e capire come innestare al meglio il murale nella sagoma a disposizione. Cerco di renderlo sempre unico, poi c’è uno stile comunque perché tutti e tre hanno forti componenti geometriche. In questo ho cercato di rendere i giocatori più realistici.
Quella che c’è sempre è la corona, la tua firma.
È un tributo a Jean-Michel Basquiat, un artista da cui traggo ispirazione. Lui usava la corona nei quadri e io l’ho ripresa come icona, come anche tanti altri.
L’Nba lascia il segno a Roma, ti piacerebbe portare la lega al Sud, come al tuo paese natale Canosa di Puglia.
Certo, perché no. Ma i lavori per strada sono universali, li puoi fare in qualsiasi posto, poi il messaggio viaggia tramite i social.