Roma, schiaffo del ministero: tre musei senza autonomia

Roma, schiaffo del ministero tre musei senza autonomia
di Laura Larcan
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Lunedì 17 Giugno 2019, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 15:08

E se il triestino Castello di Miramare rientrasse in partita per scalzare il Museo delle Civiltà nel quartiere Eur di Roma? La romantica fortezza asburgica contro preistoria, tradizioni popolari e arte orientale. Sembra una nuova puntata nella saga della «controriforma» dei Beni culturali, manco fosse una stagione del Trono di Spade. I colpi di scena non mancano. Sotto i riflettori della scacchiera della riorganizzazione del Mibac resta ancora una volta il tema della speciale autonomia gestionale dei musei top d'Italia. Lo scenario sarebbe offerto dalla nuova versione della bozza del decreto del presidente del Consiglio dei ministri sulla riforma del ministero della Cultura, pronta con le modifiche delle ultime ore a sbarcare sui tavoli dei ministeri dell'Economia e della Funzione pubblica. Si lavora al cardiopalma, visto che il testo è atteso in Consiglio dei ministri per diventare legge entro il 30 giugno. Insomma, una controriforma a colpi di bozze, verrebbe da dire.
 





Nella puntata precedente, la prima stesura della riforma prevedeva il declassamento di quattro istituzioni culturali: la Galleria dell'Accademia di Firenze (la casa del David di Michelangelo), il Parco archeologico dell'Appia Antica, il Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia e il Castello di Miramare a Trieste. Queste realtà, infatti, sparivano dalla lista dei siti di «rilevante interesse nazionale dotati di autonomia». Ora, il ritocchino.

LA NUOVA GOLDEN LIST
Nella golden list dell'autonomia compare ora di nuovo il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare, mentre è stato eliminato il Museo delle Civiltà di Roma. Già, l'istituto comprensivo, per usare un termine scolastico, dell'Eur. Non un semplice museo, insomma, visto che riunisce dal 2017 (riforma Franceschini) il Preistorico Pigorini, le Arti e Tradizioni popolari, l'Alto Medioevo e il Museo d'Arte Orientale traslocato da via Merulana: la bellezza di 500mila reperti riuniti insieme. «L'unico museo antropologico ed etnografico italiano di livello internazionale», commenta a caldo il direttore Filippo Maria Gambari. Un bisonte, come lo chiamano gli addetti ai lavori: professionalità specifiche, molte entrate da poco con il concorso, finanziamenti milionari su grandi progetti, capacità di dare a Roma un polo scientifico come quello delle grandi capitali. Tutto ridotto a contenitore di reperti sotto l'egida del Polo museale del Lazio. Per un gioco di numeri limitati di poltrone dirigenziali?

Dal ministero ribadiscono che «si tratta di un testo non definitivo». Fatto sta che le sigle sindacali, a partire dalla UilPa, hanno chiesto un incontro urgente col ministro Bonisoli per domani. Seppur non definitivo, il testo prefigura un possibile scenario. Certo, sullo strappo ipotizzato del Miramare s'era fatto sentire il presidente leghista della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, ottenendo subito rassicurazioni dal sottosegretario - collega di partito - Lucia Borgonzoni. Una discesa in campo politica consolatoria, a buon diritto, per la direttrice Andreina Contessa che guida da due anni una delle realtà museali più prestigiose d'Italia. E per lei l'incarico resta in vigore fino al 2021. A differenza di Gambari che, dirigente di lungo corso, nominato col concorso internazionale, andrà comunque in pensione a fine 2019.

LA BOZZA
La scure sembra abbattersi ancora - salvo bozze last minute - sull'Etrusco (nonostante progetti e investimenti milionari del direttore Valentino Nizzo), sull'Appia Antica (il cui direttore Simone Quilici è stato appena nominato, ha firmato il contratto e domani è pronto ad insediarsi), e sull'Accademia di Firenze capitanata dalla tedesca Cecilie Hollberg.
Proprio il sindaco Dario Nardella aveva tuonato sui tagli della controriforma: «È l'Italia nella sua interezza che viene ad essere colpita da questo disegno che ci riporta indietro di 40 anni», commenta al Messaggero. Comunque, conti alla mano, su 4 musei bocciati, tre sono romani. Roma declassata?

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