Migranti a Colle Oppio, torna l'accampamento. «Qui non si vive più»

Migranti a Colle Oppio, torna l'accampamento. «Qui non si vive più»
di Stefania Piras
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Sabato 15 Agosto 2020, 00:34

L’unico passatempo tra un pasto e l’altro è scacciare le mosche. Dieci, venti, quando manca poco alla distribuzione del vitto anche trenta e più persone aspettano pazienti, assembrate, chi su un cartone, chi ha recuperato una brandina e chi invece si accontenta del ciglio del marciapiede. Da quando, in piena quarantena, in via delle Sette sale hanno raddoppiato i pasti alla Caritas di Colle Oppio l’area di fronte all’ingresso del parco, e il parco stesso, si sono trasformate in una grande sala d’attesa all’aperto. 

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Chi cerca vitto, spesso cerca anche l’alloggio e il piazzale è diventato un’area di sosta tra un pasto e l’altro. «Capiamo tutto ma qui non si vive più, è un’area di sosta a tutti gli effetti», si lamenta un anziano che abita a pochi passi. «La sera non ci passo più», dice un altro. Un’area di sosta, appunto. Con tutto quello che comporta: mancati controlli per gli assembramenti e mancata pulizia dell’area da parte del Comune che così abbandona un luogo che sarebbe anche di interesse turistico. Ma l’attrattività si perde e sfuma irrimediabilmente in mezzo ai cumuli di immondizia sparsi tra l’erba secca. Non ci sono cestini, bensì sacchi di plastica per i rifiuti indifferenziati annodati ai pali, alcuni per terra mezzi pieni mezzi vuoti, banchetti molli e bollenti per i nugoli di mosche. 

Qui ci abitano proprio. Lo si indovina dai resti di stracci e altri effetti personali. E lo si capisce con disgusto se si attraversano i rettangoli di verde, pardon aiuole color paglia, disseminate di tracce di urgenze che normalmente si sfogano in un gabinetto: ci sono persino strisce di carta igienica. 
Così è ridotto uno dei sette colli della Capitale. A pochi passi c’è il Colosseo. Un posto esclusivo, non per niente qui c’è una delle discoteche più alla moda del centro della Capitale, scelta spesso anche dai partiti per feste private. 

LA NOTTE 
La notte qui è un viavai di tacchi e lustrini, almeno quando si veniva ancora a ballare. Ma il locale è aperto anche di giorno grazie alle diverse aree per fare yoga, spa e massaggi. Una tappa consigliata dopo le scarpinate dei turisti, insomma. Esemplari che ora sono rari a Roma, ma ci sono. Come la coppia inglese di ieri. È entrata nel parco a passo velocissimo e dopo i primi due minuti si sono guardati, cartina alla mano, per capire se avevano imboccato la strada giusta e se il parco fosse realmente praticabile oppure no. All’ingresso quindici persone erano sdraiate per terra sui cartoni, accanto i loro trolley e alcune bottiglie. Dentro il parco, altri dormivano sulle panchine o vicino agli alberi. Il resto: parco deserto. Il dubbio viene: «Si può entrare a passeggiare qui?», chiedono un po’ imbarazzati intendendo: «È normale che non sembri di stare a Roma?». Sì è normale e tutto partecipa alla precarietà dell’area. D’altronde, i marciapiedi sono divorati e sprofondati tra buche e polvere. Gli abiti dei migranti che attendono i pasti sono stesi ad asciugare sui giochi dei bambini. Se qualcuno si mette a dormire nel parco non stona, no?
 

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