Maurizio Di Giacomo, il chirurgo in meta per l'Africa: dal rugby alle missioni nel Togo

Ex rugbista in serie A e chirurgo vascolare, con i “Cagnacci” gioca per beneficenza. L’obiettivo è sostenere la onlus NOland fondata con il fratello Stefano in Togo

Maurizio Di Giacomo, il chirurgo in meta per l'Africa: dal rugby alle missioni nel Togo
di Giacomo Rossetti
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Mercoledì 13 Ottobre 2021, 00:05

Il dottor Maurizio Di Giacomo è tante cose, ma di sicuro non è una persona banale. E’ un chirurgo vascolare molto stimato, un appassionato rugbista e un benefattore a cui non piace la pubblicità. Sessantun anni, romano e laureato in medicina alla Sapienza, Di Giacomo nel maggio del 2017 ha cambiato la propria vita: «Mio fratello Stefano è un ingegnere, a capo di una società molto importante. Un giorno mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: “è il momento di restituire quanto la fortuna ci ha dato”».

L’idea iniziale era quella di costruire un ospedale in Togo, ma una volta edificati una scuola di mille posti e una casa per accogliere le suore all’interno di un complesso scolastico, i due si resero conto che la parte sanitaria era più urgente.

«E’ nata così la nostra onlus, che prima si chiamava African Dream e adesso NOland». Una realtà che ha salvato tante persone, operate da Maurizio e dai colleghi che hanno avuto il coraggio di seguirlo. «Vado in Africa due volte l’anno, la prossima sarà il 15 gennaio. Resteremo due settimane». Maurizio e i suoi compagni hanno la loro base ad Afagnan (a 80 km dalla capitale Lomè), nell’ospedale locale che è una struttura del Fatebenefratelli romano. Le loro valigie sono piene del materiale acquistato in Italia tramite le donazioni a NOland: dai cateteri alle strumentazioni più costose, passando per vestiti da bambini e matite. «L’Africa è sofferenza, fame, dolore, ma anche sorrisi, suoni, colori. Non siamo più abituati ai veri rapporti umani, ed è per questo che mi manca la gente del Togo».


I CAGNACCI
Per supportare NOland, Di Giacomo ha avuto l’idea di coniugare la sua opera di medico all’amore per la palla ovale. Già, perché il rugby è la sua vita: «Dai 14 ai 23 anni sono stato alla Rugby Roma, assaggiando pure un boccone dell’allora Serie A».

Quando entrò in reparto disse “addio al mondo”, ma certe passioni non si spengono mai: «Sono tornato in campo a 40 anni, e ho giocato per altri 15 alla Capitolina».

E quando il fisico non gli ha più permesso di giocare pilone sinistro, si è re-inventato mediano di mischia. Questo chirurgo-rugbista ha creato quindi i Cagnacci, una squadra che gioca partite per beneficenza in giro per l’Italia: «Ci chiamiamo così perché non molliamo mai, e perché adoro i cani (il loro simbolo è il simpatico Muttley di Hanna-Barbera, ndr)», spiega Maurizio.

«Ci alleniamo il mercoledì sera all’Arnold Rugby del presidente Santolini, che ci mette a disposizione gratis il campo e perciò lo ringraziamo». Il sabato si gioca: «Niente casacche, ci si divide per ruoli ma alla prima scorrettezza usciamo dal campo». Il rugby ha insegnato a Di Giacomo una dote fondamentale in sala operatoria: «Il lavoro di équipe: se nel rugby non ti fidi di chi ti sta accanto, sei finito. Allo stesso modo, un chirurgo non opera mai da solo».


EDUCAZIONE

Maurizio viene una famiglia «un po’ particolare, dove valori come empatia e attenzione per gli altri li ho assorbiti col latte materno». Il padre, medico anche lui, ha dato al figlio una visione del mondo ampia: «Sono stato in 72 paesi, papà era un ‘pazzo’ che caricò me e mio fratello adolescenti su una jeep per portarci in Afghanistan via terra!». Di Giacomo è un uomo speciale che fa essere orgogliosi di essere romani. «Eppure, io mi considero tanto, tanto normale. Non faccio nulla per calcolo, e non sono un uomo di fede».
Giacomo Rossetti

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