La notizia è corsa veloce. Di bocca in bocca. Di messaggio in messaggio. «Hai saputo? È morto Massimo Bochicchio. Dicono un incidente...», «È morto bruciato». Passano ore prima del riconoscimento della salma tanto che molti si chiedono: «Siamo sicuri che sia lui?». Tanti non vogliono proprio crederci. È pomeriggio quando nei salotti della Roma bene ma soprattutto nei circoli sportivi la triste notizia deflagra come una bomba. A quell'ora c'è chi sta giocando a padel e chi è a pranzo. Per un istante però tutti si fermano e non si parla d'altro. Serpeggia sconcerto e paura tanto che la giornata, nonostante un sole rovente e un cielo terso, diventa grigia per tutti. Qualcuno piange. Nessuno vuole parlare apertamente ma è l'unico argomento di conversazione. Diversi amici sono corsi sotto la sua casa che si affaccia su via di Priscilla nel quartiere Trieste. Parlano tra di loro a bassa voce. Non vogliono rilasciare commenti. In casa ci sono la moglie e il fratello e i militari del nucleo della polizia valutaria della Guardia di Finanza (che hanno avuto una delega della Procura di Roma) che dopo aver perquisito l'appartamento, a caccia di documenti, bigliettini o indizi, escono con uno scatolone di documenti.
Malore o altro? In pochissimi credono ad un incidente.
QUADRI E MACCHINE
Bochicchio aveva una passione sfrenata per il lusso e la bella vita. Possedeva un attico a Miami, una casa a Cortina sulle piste più chic d'Italia, una residenza a Londra, dove probabilmente gestiva la maggior parte dei suoi affari e poi ancora Roma e Capalbio. Tutte case impreziosite, come raccontano i bene informati, da due opere di Castellani da 700 mila euro ciascuna, due litografie di Marilyn Monroe di Andy Wahrol, sette quadri di Mario Schifano nell'ufficio londinese, foto di Avedon. Oltre a bonifici a persone a lui vicine, viaggi su aerei privati e una Mercedes da collezione del valore di 200 mila dollari. A marzo scorso sui telefoni delle vittime era circolata una sua foto che lo ritraeva, probabilmente a Dubai, con due persone. «Sta lì alla faccia nostra» i messaggi che si scambiano le vittime dei suoi raggiri. «Tanto prima o poi lo pizzicano» scrive profeticamente qualcuno. E infatti pochi mesi dopo, esattamente il 7 luglio viene arrestato in Indonesia su mandato della procura di Milano. La sua difesa aveva chiesto e ottenuto i domiciliari e il gip li ha concessi ritenendo «serie e fondate» le sue proposte di restituzione del denaro. Gli era stata concessa anche un' ora per la libera uscita. Tempo che spesso usava per andare a correre a Villa Ada o per incontrare amici nei bar di Roma nord. Ma soprattutto per andare a mangiare gli amati tagliolini al tartufo. Ieri la sua ultima ora di libertà.