Con i soldi di vip e calciatori faceva investimenti spericolati, illudendoli con la promessa di un rendimento del 10%. Con i suoi, invece, Massimo Bochicchio puntava a investimenti oculati e di “qualità”. Prima di morire carbonizzato in uno strano incidente stradale in moto, avvenuto lo scorso 19 giugno alla periferia nord di Roma, il broker 56enne risultava avere (da visura camerale) una piccola quota di azioni nella società Qurami srl: uno degli esempi più virtuosi di start-up italiana. Ha prodotto, infatti, l’app salta-fila utilizzata in oltre 400 strutture in Italia, tra cui Comuni, università, enti pubblici e privati, che permette di risparmiare il tempo necessario a fare la coda, grazie a un sistema di prenotazione online del proprio turno e informando l’utente sul tempo d’attesa. Fondata nel 2011 da Roberto Macina, imprenditore italiano laureato in ingegneria informatica, Qurami è stata definita da TechCrunch “una delle 40 startup più promettenti d’Italia”. Ha un capitale sociale da 16.970 euro e tra gli azionisti, oltre a Bochicchio, compaiono manager e grossi colossi societari.
«È BRAVO NELL’IMBROGLIARE»
Questo fiuto imprenditoriale, evidentemente, l’ha tradito quando si è trovato a maneggiare capitali da capogiro, a suo dire, fino a un miliardo e 800 milioni di euro.
«DEVO FARE 20 ANNI DI GALERA»
Il broker deceduto, fino all’ultimo ha cercato di prendere tempo: «Sto facendo un lavoro della madonna per chiudere tutto. Abbiate la pazienza di darmi qualche giorno per chiudere tutto - diceva a luglio del 2020 al socio Rodolfo Errani - Devo portare a casa il risultato (...) se no devo fare 20 anni di galera se non risolvo». Di fatto, però, aveva consapevolezza di aver fatto degli investimenti pericolosi: «Abbiamo fatto proprio l’inferno, abbiamo veramente alzato il livello (...) dopo quasi 30 anni nelle banche credo di aver capito qual è il problema che si è creato internamente (...) e stiamo disinvestendo tutto, non solo i 106 milioni... tutto, tutto, per me è un passaggio dolorosissimo, ma non avevo scelta (...) arriva un punto di non ritorno». Chi lo conosce bene, ritiene che non ci sia nessun “tesoro nascosto” e che il broker abbia realmente perso la gran parte dei milioni investiti.
LA MOGLIE FA LE VALIGE
L’11 ottobre 2020, dopo che Bochicchio era sparito dall’Italia da oltre un mese, la moglie Arianna Iacomelli, a corto di risorse economiche, fa il punto con una sua amica sulla loro situazione immobiliare: le racconta che ha appena concluso un trasloco di abiti provenienti dall’appartamento di Londra dove i coniugi avevano vissuto per un periodo con i figli. Il broker, infatti, prima del suo decesso, risultava risiedere nel cuore della City: a Sloane Street, a pochi passi dal palazzo di Sloane Avenue che il Vaticano ha venduto in questi giorni per 186 milioni di sterline. Nel prosieguo della conversazione, la moglie del broker spiega che «in merito alla casa di Roma attende la telefonata dell’avvocato e che l’affitto della casa di Capalbio è coperto fino a dicembre». Poi aggiunge: «Comunque lui dice che rientra a fine ottobre, i miei figli sperano che ci sia per il loro compleanno e vediamo...». Bochicchio, in realtà, è mancato per l’appuntamento. In Italia è tornato nove mesi dopo, a luglio 2021, scortato dalla polizia dopo essere stato arrestato a Giacarta, in Indonesia.