Caso Vannini, oggi è il giorno della verità. Si torna in Cassazione per uno dei gialli più tormentati del Paese: l'uccisione del ventenne ragazzo cerveterano, morto il 18 maggio del 2015 dopo un colpo di pistola esploso nella casa dei futuri suoceri, a Ladispoli. La sentenza definitiva è prevista nel tardo pomeriggio. Non sono bastate quattro sentenze, trenta udienze e le prese di posizione perfino di ministri per porre la parola fine al processo.
Roma, caso Vannini, la mamma di Marco: «Non perdono Ciontoli»
LE TAPPE DELLA VICENDA
Gli ermellini si pronunceranno per la seconda volta.
LE TELEFONATE RETICENTI
E in fondo è proprio questo il punto focale. In quegli interminabili 110 minuti in cui Marco Vannini è stato lasciato morire agonizzante, cosa è accaduto? A risentirle, quelle telefonate al 118, mettono ancora i brividi. Alle 23.41 dalla villa Ciontoli parte la prima. Parla Federico: «Qui un ragazzo si è sentito male, probabilmente uno scherzo». Passano minuti preziosi. Poi con l'operatrice interviene Maria Pezzillo, la madre di Federico: «Stava facendo il bagno, era nella vasca». La telefonata viene annullata: «Il ragazzo si è ripreso». Trascorrono altri 24 minuti dalla prima richiesta all'Ares 118. Stavolta è Antonio Ciontoli dall'altra parte della cornetta. «C'è un'emergenza. Il ragazzo ha avuto un infortunio in vasca. Si è bucato con un pettine a punta, è in panico». In sottofondo si sentono le urla strazianti di Marco che chiede aiuto e chiama la madre. Questa seconda telefonata si chiude alle 00,08. Chi interagisce con i sanitari omette di dire che il ragazzo è stato ferito con un'arma da fuoco. L'ambulanza alla fine arriva in via De Gasperi alle 00.23 e anche agli infermieri nessuno dei Ciontoli riferisce del colpo di pistola.
I POSSIBILI SCENARI
Cosa accadrà oggi? Difficile prevederlo. Se la Cassazione confermerà le condanne dell'Appello-bis, per i Ciontoli si apriranno le porte del carcere. Ma potrebbe anche clamorosamente finire tutto di nuovo in Appello.