L'estorsione del boss Di Silvio per l'alloggio popolare: «I soldi o finisci male»

L'estorsione del boss Di Silvio per l'alloggio popolare: «I soldi o finisci male»
di Adelaide Pierucci
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 19 Dicembre 2018, 09:29
Il racket degli alloggi popolari scatta anche con un pretesto. Basta non aver abbassato la testa, non aver saldato in tempo un debito, essere accusati di uno sgarbo, e ci si ritrova sotto minaccia e senza tetto, anzi con la casa occupata da famiglie con capoclan alle spalle. Vedi i Casamonica, ma anche gli Spada, i Bevilacqua, gli Spinelli e i Di Silvio. A un inquilino delle case Ater di Spinaceto è bastato aver chiesto un prestito di poco conto alla persona sbagliata, a Manuel Di Silvio, un ventenne dell'omonima famiglia sinti, per ritrovarsi con un debito a tasso usuraio e senza abitazione. Il prestito e lo sfratto forzoso, che ora hanno portato il giovanotto di origine rom a processo per estorsione e usura, si sono svolti in poche settimane nel giugno 2017.

Omicidio Baficchio, nuove accuse agli Spada: la ricostruzione del testimone

Di Silvio per un prestito di duemila euro, ne ha consegnati millesettecentottanta, e ne pretendeva in un mese cinquemila. Pena, in caso di mancato saldo, la consegna della casa, un appartamento di viale Caduti per la Resistenza. Al malcapitato, un disoccupato col pallino del gioco, non è stato nemmeno lasciato il tempo di decidere niente. Dopo gli avvertimenti, Manuel Di Silvio si è direttamente impossessato della casa della vittima. In una mattinata del giugno 2017 con moglie, figli e fagotti si è trasferito direttamente nell'abitazione dell'uomo che teneva sotto scacco. E quando questi ha provato a rientrare si è ritrovato nuovamente minacciato. «Via, altrimenti finisci male. L'accordo era chiaro: o i soldi o la casa».

LO SGOMBERO
Nel frattempo il debito dello sfrattato, con un nuovo piccolo prestito, era lievitato a diecimila euro. Un disperato, che dopo aver sopportato le minacce e lo sfratto forzoso, non ha potuto far altro che denunciare. Il sopruso è finito in Procura e il sostituto Edoardo De Santis si è ritrovato a indagare il ventenne sinti sia per l'usura che per l'estorsione. Per ripristinare la legalità, sono intervenuti anche i carabinieri e gli agenti della polizia municipale. Si è scoperto così, col supporto dell'Ater, che la casa occupata abusivamente, andava sgomberata dai Di Silvio, ma pure che non poteva essere restituita all'inquilino senzatetto. Neanche lui aveva il titolo per rimanere.
L'assegnazione della casa era intestata alla madre, morta di recente, e il suo subentro, nonostante fosse disoccupato e senza immobili e rendite, non era stato formalizzato. «Nessun caso di violenza - ha detto il difensore di Di Silvio, l'avvocato Domenico Porchetta - I due privati avevano fatto un accordo. In caso di mancata restituzione del prestito il mio assistito sarebbe subentrato nella casa. Un passaggio che poi si è rivelato tra non aventi diritto, ma ricorrente, in certi ambiti». Secondo un recente report stilato dall'Ater sarebbero almeno trecento gli occupanti abusivi appartenenti a famiglie di origine sinti. Da Spinaceto a Laurentino 38 fino a Cinecittà passando per Morena e la Romanina. Si stanno pianificando altri sgomberi.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA