In un video acquisito dai carabinieri del Noe e depositato alla Procura di Roma è immortalata la prima scintilla dalla quale, tra le 17,20 e le 17,25 di mercoledì, è partito il maxi-incendio che ha coinvolto l’impianto di trattamenti meccanico-biologico dei rifiuti di Malagrotta e poi si è esteso all’annesso gassificatore, danneggiando gravemente entrambi. Dalle telecamere di videosorveglianza si vedrebbe un camion che ha appena scaricato il cosiddetto combustibile derivato dai rifiuti (Cdr) nella fossa del Tmb destinata ad accogliere questo rifiuto semi-lavorato. Non si vedono persone che entrano o escono da quella zona dell’impianto.
Quindi, in base a questa prima ricostruzione, i pm per il momento hanno escluso il dolo e hanno aperto un fascicolo di indagine per incendio colposo, al momento contro ignoti.
C’è poi un altro profilo di responsabilità colposa che potrebbe profilarsi all’orizzonte per il custode giudiziario che gestisce l’impianto di Malagrotta da quando nel 2018 venne sequestrato dalla Procura al suo proprietario, Manlio Cerroni. Da quello che è emerso finora, infatti, il sistema anti-incendio non è entrato in funzione correttamente. Da capire se per una scarsa manutenzione, nonostante il sito debba rispettare la stringente normativa in materia di sicurezza e prevenzione dei disastri ambientali, detta direttiva Seveso.
I carabinieri del Noe stanno sentendo i dipendenti dell’impianto per ricostruire la catena di responsabilità. Sarà poi una maxi-consulenza disposta dalla Procura a chiarire con più esattezza l’origine dell’incendio. Prima, però, che i periti possano accedere all’impianto bisognerà aspettare che le fiamme si spengano definitivamente e che i vigili del fuoco terminino le operazioni di “smassamento” e bonifica dell’area.
I PRECEDENTI
Tra gli obbiettivi dell’attività istruttoria, che verrà affidata sempre ai carabinieri e agli specialisti del Noe, c’è anche quello di verificare eventuali analogie con altri incendi che hanno interessato in passato Tmb a Roma. In particolare quello che danneggiò gravemente la struttura di Albano il 6 luglio del 2016. Anche all’epoca, in giorni molto caldi, si puntò il dito sull’autocombustione o su un cortocircuito nell’impiantistica. Non solo, l’11 dicembre del 2018 bruciò il Tmb Salario di Ama e pochi mesi dopo, nel marzo 2019, prese fuoco anche quello di Rocca Cencia.
L’ATTACCO DI CERRONI
«Era scritto e scontato finisse così, è come se un fiasco lo riempi di vino oltre il dovuto, alla fine il vino esce, e questo è quello che è successo nell’impianto di Malagrotta», ha commentato l’avvocato Manlio Cerroni che si dice pronto, in caso di eventuali responsabilità colpose, a intentare causa al Ministero della Giustizia (che risponde per il custode giudiziario). «Se fosse capitato quando c’ero io, mi avrebbero arrestato».