Lollobrigida, l'assistente: «Conti, gioielli e case? Ha fatto tutto da sola. Dal nipote si è allontanata per delle foto osé»

La versione di Andrea Piazzolla al giudice: «I sei milioni ricavati dalla vendita sono serviti per il suo tenore di vita»

Lollobrigida, l'assistente: «Conti, gioielli e case? Ha fatto tutto da sola. Dal nipote si è allontanata per delle foto osé»
di Erika Chilelli
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Mercoledì 13 Luglio 2022, 22:32 - Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 08:17

«Quando Gina Lollobrigida è stata ricoverata io non ho impedito al figlio Mirko Skofic di vederla, lei non li voleva vedere». Sono le parole che Andrea Piazzolla ha riferito ieri al giudice, durante l’udienza del processo che lo vede accusato di circonvenzione di incapace per aver sottratto beni per milioni di euro dal patrimonio dell’attrice 95enne tra il 2013 e il 2018. «Le dicevo che doveva vedere il figlio e lei non voleva - ha spiegato Piazzolla - mi rispondeva: se mi vuoi far sentire male continua a parlare». Sul rapporto della diva con il nipote, Dimitri, ha aggiunto: «Si sono allontanati per via di alcune foto che Dimitri aveva sui social. Lo ritraevano mentre aveva rapporti sessuali con delle ragazze». Di questa circostanza sarebbe stato proprio Piazzolla ad avvertire la Lollo: «Non volevo che si rovinasse la sua reputazione». A presentare querela contro il “tuttofare” 34enne della diva è stato proprio il figlio Mirko, difeso dagli avvocati Michele e Alessandro Gentiloni Silveri. In una deposizione resa a marzo, ha riferito di aver notato un cambiamento nella madre quando nella sua vita è entrato Andrea: «È una persona che si è approfittata delle sue debolezze, prima di incontrarlo aveva una personalità forte».

I SEI MILIONI SPARITI

Da tuttofare con delega alla tintoria, Piazzolla era diventato amministratore della “Vissi d’Arte”, la società che gestiva il patrimonio milionario dell’attrice. Ma alla domanda sul valore di tale patrimonio, l’uomo ha detto di non averne contezza. Fatto sta che alcuni quadri della diva stavano per essere messi all’asta, le sue auto di lusso (ultima una Jaguar da 130mila euro) sono state vendute e i conti correnti svuotati. Secondo l’accusa - sostenuta dal pm Eleonora Fini - è stato l’uomo, definito dalla Lollo il suo “angelo custode”, l’artefice di queste operazioni. Eppure, nel momento in cui il giudice tutelare ha deciso di nominare un amministratore di sostegno per la 95enne - decisione che Piazzolla ritiene ingiusta - nei conti della Lollobrigida c’erano solamente 117 euro; nonostante la vendita di gioielli della diva per 3,8 milioni di euro e tre appartamenti in via San Sebastianello, vicino a piazza di Spagna, per 2 milioni e 100mila euro. Sulla misteriosa sparizione del denaro, l’imputato giura di non sapere nulla: «Non avevo accesso ai conti di Montecarlo e quando parlava con i banchieri non ero presente - ha riferito in aula - Mi ha fatto dei bonifici, ma non so quantificarne il valore. Non so cosa ne ha fatto Gina dei soldi, probabilmente sono serviti per la gestione della villa e per il suo tenore di vita».

 

La villa, a cui si riferisce è l’abitazione dell’attrice sull’Appia Antica: «Il valore commerciale si aggira intorno ai 7 milioni, ma essendo la villa di Gina Lollobrigida c’è chi ha offerto fino a 20 milioni». Tentativi di vendita che Piazzolla ha ricondotto al desiderio della “Bersagliera” di ricongiungersi alla famiglia: «Mirko doveva pagare 18mila euro al mese l’ex moglie e Gina lo voleva aiutare. Le macchine - una Ferrari venduta nel 2014 e una Porche nel 2015 - mi ha chiesto di venderle per non inasprire i rapporti con lui». Solo la Porche ha fruttato 90mila euro; mentre i soldi della Ferrari sono stati versati sul conto dei genitori dell’imputato. Un tesoretto, quello guadagnato dalla conoscenza con la Lollobrigida, che Piazzolla non riconduce a un’attività lavorativa. «Non ho mai percepito uno stipendio», ha precisato al giudice. Però risultano numerosi bonifici effettuati dai conti dell’attrice in suo favore. Per non parlare dei 117mila euro confluiti nella Prosound srl, società aperta dal 34enne. Ma lui si è difeso così: «Era una donazione».

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