Roma, al Prenestino la prima messa nel campo di calcio: fedeli raddoppiati rispetto al pre Covid

Roma, prima messa nel campo di calcio: fedeli raddoppiati rispetto al pre Covid
di Stefania Piras
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Lunedì 18 Maggio 2020, 13:16 - Ultimo aggiornamento: 17:03

La prima messa nel campo di calcio dell'oratorio con la formazione dei fedeli tutta in attacco e il prete portiere a presidiare l'altare dentro la porta.  Per un parroco di Tor de' Schiavi, don Maurizio Mirilli 50 anni un paio di giorni fa, scendere dal campanile dove aveva celebrato messa durante il lockdown, e tornare in mezzo ai fedeli equivale ad aver segnato dieci goal. Per lui, la ripresa del campionato, per continuare la metafora calcistica, non poteva ricominciare meglio. 

Questo è il nuovo modo di celebrare messa nella chiesa del Santissimo Sacramento largo Agosta, quartiere Labicano-Prenestino di Roma, nel Municipio V. Il parroco si è trasferito all'aperto nel campo di calcio dell'oratorio per contenere il rischio contagio da coronavirus.

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In chiesa erano disponibili 400 posti in tutto, con il rispetto delle norme anti Covid potevano entrare appena 100 o 150 persone. Nel campo invece, che è di circa mille quadrati, possono essere ospitati fino a 350 fedeli, distanziati l'uno dall'altro un metro e mezzo. «Molte persone grazie agli altoparlanti ci ascoltavano dai balconi di casa, penso a molti malati che non potevano moversi già prima», spiega don Mirilli.

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«Bentornati a casa», ha esordito don Maurizio un po' commosso. 
Questa è la foto della prima messa post quarantena: la celebrazione mattutina delle nove che di solito attirava 30 o 40 fedeli. Stamattina, nel campo da calcio, ce n'erano più del doppio. Hanno partecipato circa 100 persone. Alle 10:30 è stato celebrato un funerale con una settantina di persone e stasera si attende una messa molto partecipata, quella delle ore 19 «dove di solito veniva chi staccava dal lavoro».

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Come si è svolta questa prima messa? Una decina di volontari con le casacche rosse ben visibili hanno gestito ingressi e uscite che sono separate. Tutti i partecipanti alla messa indossavano le mascherine. La comunione è stata distribuita dopo aver igienizzato le mani, non c'è stato lo scambio del segno di pace e nemmeno il giro con le offerte.

«Sono stati due mesi duri ma utili perché ci hanno fatto riflettere sulle cose importanti della vita, è emerso un bisogno di vicinanza e parole di senso. Molti mi hanno chiesto risposte al dolore, un senso per capire tutto quello che è successo oltre la cronaca», spiega don Maurizio. 
 

 





 

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