Barbuta, via alla chiusura: i primi cento nomadi già nelle case comunali

Barbuta, via alla chiusura: i primi cento nomadi già nelle case comunali
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 4 Settembre 2019, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 09:08


Oltre 100 nomadi del campo della Barbuta, periferia Sud della Capitale, si sono già visti assegnare la casa popolare dal Campidoglio. Altri 150 hanno fatto richiesta e attendono una risposta dall'amministrazione. È partita in queste settimane l'accelerazione della giunta Raggi per smantellare una delle più grandi baraccopoli della Capitale, 656 abitanti come risulta dall'ultimo censimento, il 15% circa della popolazione nomade di Roma. L'obiettivo è la chiusura del villaggio tra dicembre e gennaio.
È un campo conosciuto, quello della Barbuta, soprattutto per i roghi tossici che appestano l'aria per centinaia di metri. Fuori dal Raccordo, al civico 63 di via di Ciampino, all'angolo estremo del Municipio VII proprio al confine con la cittadina dell'aeroporto, è diventato un insediamento formale nel 2012, nel pieno dell'«Emergenza Nomadi», ospitando all'inizio un centinaio di macedoni provenienti dal campo sgomberato di via del Baiardo. Poi sono stati trasferiti lì 200 bosniaci che vivevano nel villaggio tollerato affianco e altri 250 macedoni e bosniaci sfrattati dal campo di Tor de' Cenci.

GLI INCENDI
«Il rapporto degli abitanti con il quartiere limitrofo è fortemente segnato dai problemi legati ai roghi tossici che periodicamente si segnalano in prossimità della baraccopoli», denuncia l'ultimo rapporto sui campi sfornato dall'Associazione 21 luglio. Lo stesso dicono le statistiche delle forze dell'ordine: solo da gennaio ad aprile i vigili del fuoco hanno contato 55 incendi. E durante l'estate le cose non sono migliorate.
Anche per questo il Comune ha deciso di accelerare. Da inizio mandato, Raggi è riuscita a smantellare solo il Camping River, sulla Tiberina, scelta imposta dal fatto che l'appalto per la gestione di quel villaggio non era prorogabile. La Barbuta invece è una decisione programmata da tempo. È in cima alla lista degli insediamenti da chiudere fin dalla prima bozza del Piano Nomadi del M5S, varato a maggio 2017.
Ora, dopo oltre due anni, la chiusura sembra vicina sul serio: 10 container su 98 sono già stati liberati; le ruspe sono attese in settimana per distruggere le baracche ed evitare che qualcuno le rioccupi. A novembre saranno portati via i rifiuti sparsi nei dintorni e sarà avviata una bonifica.

I QUARTIERI
Dove andranno i nomadi sfrattati? Al momento l'unica opzione che sembra ottenere numeri consistenti è quella delle case popolari. Il buono affitto non ha funzionato e lo stesso può dirsi dei rimpatri volontari all'estero. Ecco perché, anche se non era una misura prevista dal piano originario, molti abitanti dei villaggi sono e saranno sistemati negli appartamenti pubblici. «Ma scorrendo la normale graduatoria, senza corsie preferenziali», assicurano in Campidoglio.
Per ora già 100 persone, appartenenti a 18 famiglie, hanno ottenuto l'assegnazione. Luoghi top-secret in Comune, dopo le proteste di Torre Maura e Casal Bruciato, ma nella lista degli alloggi appena affidati, da quanto trapela, c'è Spinaceto. Altre 23 famiglie (circa 150 persone) hanno presentato domanda per la casa popolare e sono in attesa. Con buone possibilità di farcela, perché il vecchio bando per gli appartamenti comunali, sfornato nel 2012, prevede un extra di 18 punti «a chi proviene dai campi rom e dai centri d'accoglienza». Un passaggio di cui si è già parlato dopo la rivolta di Casal Bruciato e su cui la giunta stellata ha promesso di intervenire. Per ora l'opposizione protesta. Dice Andrea De Priamo, capogruppo di Fratelli d'Italia: «I grillini non contenti delle tensioni sociali già create, ripropongono l'assegnazione di case popolari ai rom, alla faccia dei cittadini in attesa da anni. Ci opporremo con forza a queste assegnazioni».

 

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