L'ultimo atto è un sequestro conservativo da quasi 40 milioni di euro disposto dal giudice civile. Sequestro che, ancora una volta, come già successo un anno fa, ha per oggetto anche parte dello sterminato patrimonio di famiglia: si tratta delle quote dei beni di Palazzo Torlonia, di Villa Albani e le Collezioni di Arte Antica della Famiglia Torlonia, intestate a Poma Murialdo. Un sequestro disposto in attesa di stabilire se, effettivamente, le condotte degli ex vertici abbiano provocato il dissesto della Banca. Nel 2016 la perdita dell'istituto di credito superava i 47 milioni di euro, cifra schizzata a 300 milioni l'anno successivo. Poi è arrivata la cessione a Banca Igea. Secondo il Tribunale potrebbe esserci stato un «comportamento negligente dell'Organo Amministrativo». Circostanza che ha fatto scattare il sequestro. L'ex presidente avrebbe consentito che l'organo amministrativo della Banca del Fucino continuasse a operare fino ad azzerare il patrimonio dell'istituto di credito. Circostanza che avrebbe danneggiato gli eredi e spinto Carlo Torlonia a rivolgersi al Tribunale, assistito dall'avvocato Adriana Boscagli, dai professori Andrea Guaccero e Romano Vaccarella, e dall'avvocato Francesco Serrao che curerà la parte esecutiva.
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