A Roma focolai dal Bangladesh, quei 15mila invisibili in città: «Si rischia il boom di contagi»

A Roma focolai dal Bangladesh, quei 15mila invisibili in città: «Si rischia il boom di contagi»
di Camilla Mozzetti
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Mercoledì 8 Luglio 2020, 07:59

Disseminati in ogni angolo della Capitale. Si vedono ma è come se non esistessero. Con le mani piene dei sacchi con le palline antistress da vendere ai passanti di turno o con le bottigliette d'acqua gelata che costano 1,50 euro. E pure ora, che Roma è rimasta orfana di turisti, loro ci sono sempre: sono gli uomini bengalesi che vivono in città senza nessun permesso. Fantasmi che pure camminano, fanno la sosta negli impianti di carburante chiusi ed erogano il pieno ai veicoli sgravando il conducente dall'onere del self-service in cambio «di un'offerta libera», dice uno di loro nel distributore di via dei Monti Tiburtini: «Non ho il permesso - aggiunge - vivo qui vicino. Il tampone? E se mi denunciano?». È un esercito di almeno 15 mila persone quello che vive da anni negli angoli della Capitale ma di cui non c'è formalmente traccia. E sono loro oggi quelli su cui si concentra l'attenzione delle autorità sanitarie della Regione Lazio dopo i casi di Covid-19 emersi su alcuni voli aerei provenienti da Dacca. «Casi di ritorno» che pure hanno fatto rialzare l'indice dei contagi e su cui ora sono in corso tutte le verifiche del caso.

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I NUMERI
La comunità bengalese sciorina i numeri: solo a Torpignattara ribattezza Bangla-town vivono 13.500 persone. In tutta la Capitale la cifra vola a circa 60 mila «E di questi, 45 mila - spiega Mohammed Taifur Rahman Shah dell'associazione Coordinamento Ital-Bangla & Sviluppo - sono regolari: ci sono dunque almeno 15 mila connazionali che non hanno permessi di soggiorno». Uomini e donne che pure lavorano e non fanno solo gli ambulanti. «Camerieri, commessi - prosegue Rahman Shah - che non possono ottenere il permesso perché non rientrano nelle cinque categorie (badanti, colf, braccianti, lavoratori agricoli e/o ittici) previste e che dunque sono irregolari». Alcuni di loro sono entrati in un giro di «pagamenti in nero per ottenere un posto come badanti», aggiunge Rahman Shah. «Tecnicamente pagano anche 2 mila euro per un posto come domestico».

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C'è un rischio: l'impennata sui contagi ma la comunità già da ieri dopo una riunione con i vertici sanitari dell'Asl Roma 2 e con la Regione si è data da fare il più possibile per far andare tutti nei drive-in al fine di svolgere le analisi, contattando più connazionali possibile via social e su internet. «Crediamo in un'ampia risposta e stiamo sollecitando anche coloro i quali non hanno il permesso», conclude il rappresentante dell'associazione Coordinamento Ital-Bangla & Sviluppo. Dalla Regione l'assessore alla sanità Alessio D'Amato spiega: «Il nostro compito è prettamente sanitario: mettere in sicurezza Roma, a chi volontariamente andrà a fare il tampone chiediamo dei riferimenti o dei recapiti per comunicare poi i risultati e gestire le eventuali positività». Nessuna denuncia in sostanza su chi vive a Roma senza titolo, anche perché non sarebbe compito della Regione Lazio scovare questi invisibili se non dal punto di vista prettamente sanitario. Ieri nel primo drive-in aperto a largo Preneste si sono recati più di 130 persone mentre i positivi scovati sul volo proveniente da Dacca sono stati trasferiti nel Centro Covid di Casal Palocco e gli altri passeggeri posti in isolamento in un hotel di Fiumicino. In tutto, dai primi di giugno, la Regione ha stimato un ingresso di circa 600 persone provenienti dal Bangladesh, il 25% almeno ha lasciato subito Roma recandosi in altre città e Regioni.
 

 

 

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