Factory, per lo stupro condannato a 6 anni e 8 mesi il romeno Gabriel Razvan

Processo immediato per i vigilantes
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Lunedì 16 Marzo 2020, 15:33 - Ultimo aggiornamento: 15 Luglio, 14:00

Condannato a 6 anni e 8 mesi Gabriel Razvan per lo stupro del Factory. L'uomo, insieme ad altri due, era accusato di «violenza sessuale di gruppo» abusando «delle condizioni di inferiorità fisica» della ragazza etiope Angela (nome di fantasia), 21 anni, «al momento del fatto per abuso di sostanze alcoliche e conseguente compromissione della capacità di giudizio e autocontrollo». Per questo proprio il romeno Gabriel Rap Razvan (ora assolto per il reato di lesioni dal gup Paolo Andrea Taviano, il pm aveva chiesto 9 anni) e il tunisino Ismail Ichem erano stati citati con giudizio immediato dal gip Paola Di Nicola Travaglini, su richiesta del pm Francesca Passaniti: entrambi gli uomini infatti, insieme a una terza persona ancora da identificare, furono protagonisti dello stupro della discoteca Factory nella notte tra il 18 e il 19 maggio del 2019. «La prova appare evidente alla luce degli elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare in corso di applicazione», scrive il gip mentre i due accusati si trovano ancora presso il carcere Regina Coeli.

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LA TRAPPOLA
Quella sera Angela si trovava nel locale a ridosso dello stadio Olimpico. Una nottata all'insegna del divertimento. Ma la festa si trasforma in un incubo. Angela viene portata fuori dal primo uomo (mai identificato) in uno sgabuzzino esterno al locale. Qui, si legge nell'atto, Angela viene spogliata con la forza «nonostante le sue resistenze» e abusata «nonostante le urla». Il secondo uomo poi, individuato in Ismail Ichem, con «la divisa da vigilante», dopo aver assistito «al compimento della violenza da parte del primo uomo», anche lui violenta Angela. La vittima, avendolo vista in divisa, era convinta che sarebbe stata salvata da lui. Infine il terzo uomo, individuato in Gabriel Rap Razvan, la «costringeva ad avere un rapporto».

Dopo giorni di indagini gli investigatori, partendo dalla descrizione fatta dalla ragazza, hanno identificato tutto il personale di sicurezza e di servizio presente nel locale. Le informazioni acquisite furono incrociate con le testimonianze di alcuni giovani che si trovavano nel locale, che hanno fornito ai poliziotti, diretti da Pamela Franconieri, foto e video in loro possesso. Il cerchio si è poi ristretto sulla figura di Ismail Ichem, uno dei buttafuori. L'uomo, pochi giorni dopo, aveva lasciato l'Italia per rientrare in Tunisia (poi arrestato a Fiumicino). «É stato un lavoro molto complesso -aveva spiegato il commissario Franconieri- una delle indagini più complesse nel suo genere perché ricostruire i fatti in un posto dove ci sono tantissime persone, la musica alta e le luci che vanno e vengono è stato difficile. Il riscontro del Dna però è stato il coronamento dell'ipotesi investigativa: i gravi indizi che hanno portato alla custodia cautelare in carcere sono forti, congruenti e coerenti con l'impianto accusatorio».

LE ACCUSE
Le prove nei confronti degli indagati sono chiare: foto, rilievi tecnici, indumenti, reperti e profili genetici. Entrambi, scrive ancora il gip «cagionavano lesioni gravi alla vittima, dalle quali derivava una malattia del corpo e della mente della durata di 5 giorni». Razvan Gabriel Rap, difeso dagli avvocati Federica Pugliese e Marco Macchia, aveva scelto il rito abbreviato.

 

 
 


 

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