«La nostra Pasqua in trincea con i malati nel Covid-3 di Casal Palocco»

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Domenica 12 Aprile 2020, 18:45 - Ultimo aggiornamento: 20:48

di Mirko Polisano

I passi rimbombano nei corridoi appena sterilizzati del Covid Hospital 3 di Casal Palocco, quartiere della Capitale a pochi chilometri dal mare. Il silenzio è rotto solo da qualche colpo di tosse. I pazienti che stanno meglio sono angosciati, hanno paura di aggravarsi. Quelli terminali sono disperati, vivono il dramma di morire da soli, senza parenti o amici al capezzale. Una bara esce dal cancello non c'è nessuno a salutarla, a piangere.

GIORNI UGUALI
Cronaca di un'ordinaria giornata in corsia. Poco importa che sia la domenica di Pasqua. «Qui - spiegano i medici Sebastiano Petracca, direttore della terapia intensiva e Antonino Marchese, direttore Sanitario, dell'ICC - Istituto Clinico Casalpalocco - non c'è un giorno diverso dall'altro, c'è sempre una costante e maniacale attenzione ai particolari, non ci può essere una festa, intesa come pausa, c'è tanta forza di volontà, competenza, attenzione ai particolari e il coraggio di anestesisti, rianimatori ed infermieri.

La direzione della struttura oltre all'organizzazione logistica e del personale, cerca di motivare sempre moralmente e psicologicamente tutto il personale, organizzando turni con più cambi giornalieri, almeno in questi giorni di festa». Se non fosse per la visita del vicario episcopale per la pastorale sanitaria di Roma, Monsignor Paolo Ricciardi, che celebra nel cortile la santa messa Pasquale, non ci accorgeremmo di questa festività. Tutti i pazienti e gli operatori potranno ascoltarla all'interno tramite la diffusione audio, che normalmente diffonde musica, durante il giorno. I camici bianchi e gli infermieri, protetti da mascherine e tute asettiche, monitorano chi sta male. Si prendono cura di ogni singolo paziente: «Come è noto, alla struttura non può accedere nessuno di parenti e familiari, perciò da subito, abbiamo organizzato un servizio di informazioni telefoniche quotidiane - proseguono i medici - ogni reparto con il medico referente chiama quotidianamente i familiari per aggiornarli sullo stato di salute dei propri cari.

I pazienti dalla prossima settimana avranno un ulteriore apporto da un equipe di psicologi per aiutarli durante la degenza». Per medici e infermieri ogni giorno è un viaggio nell'inferno del virus che sta mettendo in ginocchio l'Italia. «Tutto funziona al meglio, una minima distrazione potrebbe essere un grande pericolo: somministrazione dei farmaci, protocollo per la vestizione e svestizione, pluri-sanificazione quotidiane degli ambienti e di ogni tipo di presidio che accede alla struttura, decontaminazione fino al semplice momento riposo per gli operatori. Per tutto c'è un protocollo, uno spazio dedicato». Ventitré giorni fa il primo ricovero, quel primo paziente in terapia intensiva ricoverato il 18 marzo ed estubato il 30, sta costantemente migliorando. A oggi, altri 20 sono stati dimessi. Si intravede la luce in fondo al tunnel. Oggi è Pasqua ed è giusto avere una speranza in più.

(Video Valeri Ippoliti)

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